#100 giorni!

Un articolo di Andrea Zummo – Ci sono due braccialetti bianchi, ai polsi di coloro che siedono sugli scranni più alti della Camere del nostro Parlamento. Eh sì, perché Laura Boldrini e Pietro Grasso sono tra quei candidati che hanno aderito alla campagna “Riparte il futuro”, promossa da Libera e dal Gruppo Abele (per  chiedere una nuova legge anticorruzione, la modifica dell’art. 416 ter del codice penale…) Ci sarebbe di che rallegrarsi anche solo per questo, nell’evidenza simbolica di un tale accadimento. Tuttavia, ci piace spingerci in qualche considerazione ulteriore.

Laura Boldrini guiderà l’assemblea della Camera dei deputati, terza donna nella storia, dopo Nilde Jotti e Irene Pivetti: per anni la Boldrini è stata portavoce dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, prima ancora è stata giornalista in giro per il pianeta, soprattutto il sud del mondo.

Pietro Grasso, ex magistrato, è stato giudice a latere del Maxi Processo a Cosa Nostra, nella metà degli anni ’80, procuratore a Palermo dal 1999 al 2005 e poi Procuratore Nazionale Antimafia fino a qualche mese fa: ora presiederà l’assemblea di Palazzo Madama. Entrambi eletti sabato 16 marzo, entrambi hanno ricordato l’eccidio di via Fani e il rapimento di Aldo Moro, in quello stesso giorno di 35 anni prima. Entrambi hanno citato Libera, che stava manifestando a Firenze, in quelle ore, in ricordo delle vittime di mafia.

Una scelta simbolica, quella di proporre questi due nomi: la Boldrini, lo ricordiamo, è stata eletta con Sel, Grasso invece era capolista al Senato, in Lombardia, per il PD. Simbolica perché sono personalità che arrivano da trascorsi non direttamente legati ai partiti e dall’alto valore civico e sociale. Simbolica e, al contempo, efficace perché non è sembrata la lottizzazione delle Camere, da parte di Bersani, con nomi della vecchia nomenklatura partitica. Importante, forse cruciale per il precedente che potrebbe rappresentare, perché, soprattutto nel caso di Grasso (al Senato PD-SEL non hanno la maggioranza assoluta), sono stati determinanti i voti di alcuni senatori del M5S. Gli anatemi di Grillo e le promesse di scomunica, evidentemente, non sono serviti a impedire che qualcuno votasse secondo coscienza.

E poi, ricordiamolo a chi l’avesse già rimosso, i due nuovi presidenti di Camera e Senato, prendono il posto di Gianfranco Fini e Renato Schifani: senza venir meno al rispetto per le persone, non possiamo dimenticarci che Fini (oltre all’origine missina, pui edulcorata nella sua parabola politica) era a Genova nei giorni del G8, del 2001, all’epoca vice-premier; che Schifani è stato sfiorato da ombre di vicinanza alla mafia, con rapporti con boss di spicco. E che entrambi, più in generale, sono stati nella legislatura appena trascorsa, i garanti delle Camere, con un governo Berlusconi (fino alle dimissioni dell’autunno 2011) , ancora una volta protagonista, in primis nella persona del suo Premier, del ripetuto scempio della Costituzione e della democrazia, nei toni, negli slogan, nei comportamenti e nei fatti.

Sarà anche per questo, avendo il PDL ricandidato Schifani come presidente al Senato, che qualche “grillino”, pur alla prima esperienza al Parlamento, ha capito in fretta come esercitare il ruolo di franco tiratore?

Ai neo eletti presidenti i nostri auguri, non sarà una strada in discesa, la loro. Perché siano difensori della Costituzione e arbitri corretti delle due assemblee parlamentari. E che siano, anche, esempio nobile e personalità istituzionali che indirizzino e sostengano la campagna contro la corruzione, promossa da Libera.

Quel braccialetto al polso è un impegno, preso con tutto il Paese.

Perché riparta il futuro.

 

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