Minacce a Omizzolo: dire no al caporalato

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Marco Omizzolo è il Presidente dell’associazione In Migrazione e si occupa da anni di contrastare il fenomeno del caporalato. Sociologo e attivista, agisce soprattutto nella zona dell’Agro Pontino in provincia di Latina, al fianco di coloro che vengono sfruttati nelle nostre campagne. Qualche giorno fa gli sono state tagliate le gomme dell’auto come atto intimidatorio. Abbiamo richiesto a Marco, con cui collaboriamo da diverso tempo, di approfondire la vicenda insieme a noi in un’intervista.

 

Due giorni fa le gomme tagliate della tua auto: l’ultima di una serie di intimidazioni. Puoi raccontarci cosa è accaduto? 

Si tratta dell’ennesimo atto intimidatorio che subisco, probabilmente legato alle azioni, denunce e iniziative organizzate nel territorio sul tema delle agromafie e dello sfruttamento dei braccianti di origine straniera in provincia di Latina. In questo caso si sono “limitati” a bucare due ruote della mia auto. Un segnale chiaro. Un modo mafioso per dire “ci stai dando fastidio, qui non sei gradito”. Proprio come ogni atto mafioso è nel contempo un atto vile e inutile. Vile perché colpisce di notte e semplicemente un oggetto per sua natura inerme. Inutile, perché non basterà a fermare l’azione di quanti sono impegnati su questo tema. Siamo in molti ormai a combattere caporalato, sfruttamento e agromafie anche nel pontino. In questa provincia sono venuti e hanno scritto dossier importantissimi associazioni come Medici senza Frontiere, Medu, Amnesty International e molti giornalisti italiani e stranieri. Ciò significa che il giorno dopo questo “avvertimento” abbiamo sporto denuncia in Questura e continuato a girare per le campagne per combattere violenze e sfruttamento.

 


Quali sono state le ultime azioni sul territorio da parte di InMigrazione alle quale hai preso parte? 

Con In Migrazione da anni ci occupiamo del fenomeno promuovendo progetti (l’ultimo è stato Bella Farnia, finanziato dalla Regione Lazio), fornendo consulenza legale gratuita ai braccianti indiani, soprattutto con l’avv. di strada Diego Maria Santoro e costituendoci parte civile nei relativi processi. Abbiamo pubblicato moti dossier di analisi e denuncia e facciamo continua informazione e inchiesta. Proprio in questi ultimi mesi, anche d’estate, abbiamo frequentato le campagne pontine ascoltando migliaia di braccianti indiani e aiutandoli nelle loro vertenze e problematiche, oltre ad organizzare il 18 aprile insieme alla Flai e alla CGIL un importantissimo sciopero dei braccianti indiani. Quest’ultimo è stato un evento importantissimo con più di 2000 braccianti in piazza a Latina a chiedere giustizia e legalità. Gli ultimi due eventi in ordine di tempo sono stati un importantissimo presidio di circa 50 braccianti indiani davanti ad un’importante cooperativa agricola pontina, già oggetto in passato di ispezioni e denunce. E infine un articolo pubblicato su vari siti di denuncia nei confronti di un’importante azienda nazionale che ha chiesto di introdurre una sorta di cottimo buono, un ossimoro che significa solo abbassare ancora i diritti dei lavoratori e farne soggetti ulteriormente riscattabili.

 

Toccare il fenomeno del caporalato sembra essere diventato sempre più pericoloso: perché? 

Perché il caporalato è in sé un’articolazione fondamentale di un nuovo modello sociale, una forma di organizzazione non solo del lavoro ma anche delle relazioni sociali improntate sulla convenienza economica e sul potere. E poi perché il caporalato si lega ad altri fenomeni criminali come la tratta internazionale di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo, agromafie, attività di riciclaggio, di sofisticazione alimentare, di sfruttamento ambientale o truffa ai danni dello Stato, dei lavoratori e dell’ambiente. Toccare il caporalato significa non tanto chiedere l’arresto di qualche criminale ma scardinare un sistema economico e sociale di grande rilevanza che produce sfruttamento, riduzione in schiavitù e povertà.

 

Dal punto di vista legislativo sono stati compiuti passi avanti: oltre all’inserimento del fenomeno del caporalato nella Riforma del Codice Antimafia, che però giace in Senato in attesa di approvazione, lo scorso 2 agosto è stato approvato il ddl anticaporalato. Pensi che questi dati faciliteranno la lotta a questo fenomeno? Come?

Queste norme faciliteranno sicuramente l’intervento repressivo dello Stato, ma ciò non è sufficiente. Il ddl va salutato con speranza, ben sapendo che dovrà ancora essere votato alla Camera. Si devono però compiere riforme essenziali in altri ambiti. Si deve costruire un welfare territoriale allargato e includente anche per quelle classi sociali più emarginate e sfruttate (e forse proprio per loro), riformare la giustizia, soprattutto quella penale, cambiare alcune misure fiscali, migliorare l’attività investigativa per superare schemi interpretativi vetusti e, forse, inadeguati per le caratteristiche dello sfruttamento lavorativo contemporaneo. Si devono responsabilizzare molto di più i Comuni e gli organi ispettivi, dando loro compiti maggiori, maggiori risorse e professionalità. C’è insomma un lavoro straordinario da fare. Abbiamo fatto per ora solo i primi passi. Passi che restano comunque importanti esattamente come l’impegno repressivo contenuto nel nuovo codice antimafia in discussione. Credo che questo passaggio ulteriore rafforzerà l’impegno collettivo contro questa piaga sociale divenuto modello e riferimento per migliaia di criminali e mafiosi italiani e non solo.