Armi o lavagne?

 

In un periodo di crisi, va da se, il denaro pubblico viene speso con il contagocce, addirittura quello che serve per assicurarsi il futuro. E il futuro di un Paese sta nelle stanze delle scuole, nelle palestre degli istituti, nelle aule delle università. Proprio le scuole stanno passando “tempi gelidi”, in tutti i sensi. Alcune abbassano il riscaldamento per diminuire le spese in bolletta, altre si appoggiano alle raccolte punti dei supermarket per comprare carta e lavagne. Altre ancora chiudono perché segnate da problemi di edilizia e sicurezza troppo costosi per poter rimanere aperte.

La dignità e il funzionamento del nostro sistema scolastico sono a rischio da anni.Ma qualcosa, con fatica, si sta facendo. Sono in arrivo i fondi Cipe. Da quel che c’è scritto nel decreto Infrastrutture del 3 ottobre, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» del 9 gennaio si tratta di quasi 112 milioni di euro per appaltare la riqualificazione di 989 istituti italiani. Tali fondi consentiranno agli enti scolastici di accendere mutui con le banche per attuare dei “micro-interventi”. Per lo più adeguamenti antisismici o legati alla sicurezza. 

Procedure di ottenimento dei fondi? Le scuole dovranno comunicare entro 45 giorni al ministero delle Infrastrutture il loro “interesse” ai fondi. Nei 15 giorni seguenti dovranno ricevere dal ministero”l’avvenuta ricezione” della manifestazione di interesse. Risolta la fase di comunicazione comincia la procedura di verifica (un massimo di 240 giorni) per determinare la credibilità dell’“interesse”. Infine, i fondi possono essere revocati se il Comune non stipula – entro un anno dall’ottenimento della certificazione ministeriale – il mutuo con la banca. Oppure se entro un anno dall’accensione del mutuo il Comune non trasmette una “Relazione acclarante i rapporti Stato-Ente”. Procedura complicata e tempi lunghi evidenziano quanto lo stanziamento di questi fondi sia una possibilità seria e imperdibile per la sopravvivenza delle scuole italiane.

Finalmente.

Cambiamo capitolo di spesa.

Dal 5 dicembre scorso (audizione del segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, generale Claudio Debertolis organizzata dalla Commissione Difesaè noto che nel corso del 2012 le Forze armate hanno speso in armamenti circa 1.300 milioni di euro portando il budget dei sistemi d’arma dal 18 al 28% del totale della “funzione difesa” messa a bilancio.
La riforma della Difesa è stata approvata poco prima della fine del 2012. Dall’approvazione deriva anche che il bilancio della Difesa non potrà diminuire fino al 2024. La novità della riforma sta nel fatto che il ministero potrà gestire i fondi destinatigli nei diversi capitoli di spesa (personale, armamenti, esercizio e spesa corrente) senza fornire spiegazioni: il Parlamento potrà dare al massimo pareri non vincolanti entro 60 giorni.
E i capitoli di spesa non sono sciocchezze: nei prossimi vent’anni l’Italia dovrebbe spendere per l’acquisto dei famosi caccia-bombardieri F35 tra i 25 e i 40 miliardi di euro

Per gli elicotteri Nh90 quasi 4 miliardi fino al 2018. Per gli Etm e gli Eh101 circa 2 miliardi. Per gli aerei Eurofighter 2000 sono previsti 18 miliardi fino al 2018. L’ammodernamento fino al 2015 dei caccia Tornado costerà 1,5 miliardi. L’acquisto di 4 Boeing 767 1 miliardo.

E queste sono solo alcune voci previste. Mancano i sottomarini e i progetti di ammodernamento della fanteria oltre che tutte le spese di manutenzione di questi apparati e quelle di formazione del personale addetto.

Procedure di acquisto per la spesa militare? Lo stato maggiore dell’esercito consulta “il depliant” dell’offerta armi. Sceglie l’oggetto; applica il codice (rosso d’urgenza) e aspetta la consegna. La parte finanziaria dell’operazione (finanziamenti e tassi applicati dalle banche) non è affar suo. L’informazione dei cittadini non è fondamentale: ai loro rappresentanti (il Parlamento) è concesso pronunciarsi sugli acquisti ma il voto, come detto sopra, è solo consultivo: non vincolante. E comunque non deve arrivare oltre 60 giorni.

Notizie recentiL’Italia, come la Germania e la Spagna, ha oggi offerto aerei e basi alla Francia per il contrasto militare degli jihadisti ribelli in Mali.

Sempre oggi il capo dei collaudatori del Pentagono, J. Michael Gilmore, ha reso noto, tramite il suo rapporto annuale del 2012, che gli F35 dimostrano “mancanza di maturità”. Il software dei costosissimi velivoli dal 2010 a oggi non ha fatto nessun progresso. Ma è tutto il sistema, sostiene il Pentagono, ad essere falsato: perché ha sovrapposto la fase dei test a quella di produzione, complicando il tutto mano a mano che il programma va avanti e rendendolo sempre più costoso, inefficiente e difficilmente “operativo” nei cieli del mondo in tempi brevi.
L’Italia di questi F35 ne ha già prenotati 90 esemplari. E dire che inizialmente ne volevamo 131.