Stati Uniti d’Europa?

SUE

 

Esiste una narrazione condivisa dell’Europa? Ed è possibile la creazione di un’opinione pubblica europea?

Alla vigilia delle elezioni del prossimo anno si moltiplicano gli interrogativi sull’Europa e sull’opportunità della nascita degli Stati Uniti d’Europa. La mancanza di un’arena all’interno della quale costruire un’opinione pubblica internazionale che rifletta una pur variegata identità europea, infatti, rende ancora più distante l’obbiettivo di un’Europa unita e la nascita di un sentimento europeista.

Di questi temi si è parlato all’incontro organizzato il 24 ottobre dal corso di laurea in “comunicazione pubblica e politica” della facoltà di scienze politiche di Torino. Ospite, Marco Bardazzi, curatore dello speciale “Europa” sulla Stampa. Per cercare di superare lo scoglio della mancanza di una narrativa comune e di un sistema mediatico condiviso, l’anno scorso è stato lanciato un originale esperimento a livello europeo che ha portato alla creazione dello speciale “Europa”: un inserto distribuito in supplemento ad alcuni dei più rappresentativi quotidiani Europei che lo producono ognuno nella propria lingua. Le testate coinvolte sono “La Stampa”; il francese “Le Monde”; lo spagnolo “El Pais”; la tedesca “Suddeutsche Zeitung”; l’inglese “The Guardian” e la polacca “Gazeta Wiborcza” che insieme rappresentano un pubblico potenziale di dieci milioni di Europei. L’inserto ha lo scopo di non ridurre le narrazioni sull’Europa ad un semplice racconto delle istituzioni Europee, ma vuole narrare il continente attraverso le storie dei cittadini che vivono esperienze analoghe all’interno dei singoli Stati di appartenenza. Il tema di ogni inserto rappresenta dunque il frame all’interno del quale raccontare ed interpretare gli Europei, attraverso le proprie esperienze di vita come famiglia, scuola, lavoro.

La difficoltà nella creazione di una identità collettiva e di un’opinione pubblica sovranazionale , infatti, sta proprio nella quasi impossibilità di condividere a livello internazionale le stesse narrazioni e gli stessi frame, che vengono normalmente raccontati dal punto di vista dei diversi Stati. Le barriere linguistiche, oltre alla prevalenza di sentimenti nazionalistici, rappresentano ancora un grosso scoglio da superare. La diffidenza o il disinteresse verso l’Europa, poi, fanno il resto. Per questo tentativi come l’inserto “Europa” rappresentano un esperimento piuttosto interessante.

Consapevoli del fatto che le elezioni europee dell’anno prossimo avranno per l’Italia una valenza più nazionale che internazionale, ovvero che saranno l’ennesimo terreno di scontro tra fazioni opposte del nostro sistema politico, ci rendiamo altresì conto che le istituzioni Europee correranno il rischio ed il paradosso di ritrovarsi popolate da rappresentanti di sentimenti antieuropeisti o nazionalismi sempre più prepotenti.

Appare sempre più urgente, quindi, la nascita di una narrazione europea condivisa, che tuttavia, forse esiste già ed è rappresentata dalle migliaia di giovani che ogni anno partono per l’Erasmus, superando di fatto le barriere mediatiche e nazionalistiche. La generazione dei viaggi low cost e dei week end toccata e fuga nelle capitali europee, che danno per scontata la moneta unica la libera circolazione dei cittadini europei. Le narrazioni incarnate da questa generazione sono più rappresentative dell’Europa unita rispetto alle foto di gruppo dei 28 capi di Stato fuori dal Parlamento Europeo di Bruxelles e rappresentano la strada per la nascita di un sentimento autenticamente europeista e per gli Stati Uniti d’Europa.

Graziella Lavanga