Il Ddl Zan non può più aspettare

A Torino c’è stato l’ennesima caso italiano di omofobia, che sfocia nella violenza. È successo domenica scorsa, il giorno di Pasqua, in centro, non molto lontano dalla stazione di Porta Nuova. Un ragazzo cileno di 23 anni, Henry Gomez Simòn Andre, che è in città da due anni è stato aggredito da un gruppo di uomini, insultato e picchiato. Lo si è appreso da un video che lo stesso Henry ha postato su Instagram, permettendo ai quotidiani di apprendere la notizia e riprenderla a loro volta. Henry ammette di avere paura, dopo quel che successo, ma allo stesso tempo di aver ritenuto necessario raccontare il drammatico episodio di cui è stato vittima, visto che il cosiddetto Ddl Zan, per contrastare l’omotransfobia, langue in Senato in attesa che la discussione per la sua approvazione venga calendarizzata. 

A Henry va la nostra solidarietà e vicinanza, il nostro abbraccio affettuoso.

Ai fieri oppositori di un disegno di legge, che è solo un passo di civiltà, i vari Meloni, Salvini, Pillon, Adinolfi & soci, vorremmo chiedere, ancora una volta: come fate a dormire, davanti a episodi come questi, dichiarandovi contrari a un provvedimento che aspettiamo da anni? Come fate a tirare in mezzo altre questioni come la maternità surrogata o le teorie gender, che nulla hanno a che fare con il Ddl, volendo volutamente confondere l’opinione pubblica? Come fate a difendere una posizione assurda, quando la storia delle battaglie civili ci insegna che allargare il campo dei diritti non lede nessuno, anzi, rende solo più ampia e democratica la società?

Tanti artisti sono scesi in campo nel dibattito pubblico, a sostegno del Ddl Zan, ma evidentemente non è ancora sufficiente.

Nel 2013 Vittorio Zucconi scrisse, su Repubblica, che eravamo ancora in attesa «del giorno nel quale non ci sarà più bisogno per nessuno di pronunciare il nome del proprio amore».

Il tempo è ampiamente scaduto.