Decreto carceri

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A distanza di pochi mesi dall’approvazione del d.l. 78/2013 (Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena) il Governo è tornato sul tema delle carceri con un nuovo decreto legge (n.146/2013), sempre motivato dalla necessità di fronteggiare il sovraffollamento delle carceri italiane anche nel rispetto delle indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo (CtEDU). L’8 gennaio 2013, infatti, a seguito del ricorso introdotto da 7 detenuti nelle carceri italiane che lamentavano violazione dei diritti umani per il trattamento carcerario, la Corte di Strasburgo si è pronunciata con una sentenza c.d. “pilota” (Sentenza Torreggiani+altri). Con questa decisione, la Corte ha sospeso tutti i ricorsi per gli stessi motivi per 1 anno, termine entro il quale l’Italia avrebbe dovuto adeguarsi alle indicazioni contenute nella sentenza per non rischiare pesanti condanne al risarcimento dei danni subiti dai detenuti. La CtEDU, ha stabilito che il sovraffollamento carcerario, quando supera una soglia minima, costituisce di per sé una violazione dell’art.3 della Carta fondamentale dei diritti dell’uomo (CEDU) che vieta i trattamenti inumani e degradanti. Se consideriamo che nel 2012 le carceri italiane ospitavano 66.585 detenuti, contro i 45.000 posti di capienza massima, con una percentuale di affollamento del 148%, è evidente come, stando ai principi enunciati dalla Corte di Strasburgo, potenzialmente qualunque detenuto nelle carceri italiane potrebbe chiedere un risarcimento per violazione dei diritti umani.

Quindi, l’esigenza di “svuotare” le carceri italiane e/o di aumentarne la capienza risponde ad un principio innanzitutto di umanità, di rispetto dei diritti fondamentali, ma anche al rischio di vedere il nostro paese condannato a pagare risarcimenti elevatissimi.

Il D.L. 146/2013, ora al vaglio della Commissione Giustizia in funzione referente, interviene a ridurre il numero delle presenze in carcere attraverso la riduzione di quelli in entrata e l’aumento di quelli in uscita.

Sotto il secondo profilo, di particolare rilevanza è il comma 4 art.4 del Decreto che introduce la liberazione anticipata speciale con la detrazione di 75 giorni ogni sei mesi di pena scontata, a differenza dei 45 previsti per la liberazione anticipata ordinaria. La norma è temporanea e si applicherebbe per soli 2 anni dall’entrata in vigore ed i presupposti soggettivi rimangono quelli necessari per la liberazione ordinaria ovvero “la prova della partecipazione del condannato all’opera di rieducazione”. Il decreto, introduce l’applicabilità della liberazione anticipata anche ai condannati per taluno dei delitti previsti dall’art. 4 bis della l.354/75 (reati previsti dall’articolo 416-bis c.p. e 630 c.p.) quando abbiano “dato prova di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità”. Come precisato dall’On. Mattiello, membro della Commissione Giustizia e della Commissione Antimafia, il concetto di recupero sociale così definito, non è configurabile quale recupero concreto poiché è semplicemente legato a “comportamenti rivelatori” che ben potrebbero ridursi alla mera partecipazione alle attività culturali e di socializzazione proposte dal carcere.

Alla luce di queste considerazioni, l’On. Mattiello ha proposto due emendamenti al DL 146 chiedendo o l’abrogazione del comma 4 (e quindi della liberazione anticipata speciale) o di aggiungere allo stesso comma, tra i requisiti soggettivi perché un soggetto condannato per reati di mafia possa usufruire dello sconto di pena, che “abbiano collaborato con l’autorità di polizia o con l’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 58 ter legge 354 del 26 Luglio 75“.

La questione non è passata inosservata, tanto che, in seguito alla discussione in Commissione Giustizia, l’On. Mattiello ha firmato, insieme all’On. Bindi, un emendamento proposto direttamente dalla Presidente On. Ferranti, che prevede, appunto, l’abrogazione del comma 4 art. 4 del Decreto e l’espressa esclusione dei condannati per i reati di mafia dall’applicabilità della liberazione anticipata. L’idea che vi siano regole diverse, speciali e più stringenti, per il trattamento dei reati di mafia è ormai entrata a far parte del nostro ordinamento da diversi anni e non dovrebbe spaventare il Legislatore. Non dimentichiamo, tra l’atro, che pochi giorni fa la Camera ha approvato una proposta di legge contenente modifiche in materia di misure cautelari personali, allo scopo di rendere il carcere preventivo una extrema ratio, applicabile solo quando si dimostrino inadeguate tutte le altre misure restrittive e solo se il giudice accerti la sussistenza concreta del pericolo di fuga o di reiterazione del reato. Nel disegno di legge si prevede espressamente che per i reati di mafia rimanga, invece, la presunzione assoluta dell’idoneità della misura preventiva. Così, di fatto, nei casi in cui si proceda per reati ex art. 416-bis e ter gli imputati non potranno godere delle misure alternative. Questo conferma l’orientamento ormai consolidato nel nostro ordinamento di trattare in maniera speciale il fenomeno mafioso proprio per la sua peculiare gravità e pericolosità.

Insomma, gli emendamenti proposti al DL carceri sono 542, ma per noi è importante controllarne solo uno; quello firmato dall’On. Mattiello.

Marta Cupelli