L’articolo pubblicato oggi da Libero a firma di Antonio Amorosi, (POTETE LEGGERLO CLICCANDO QUI) che tra l’altro intervista Abbondanza, è un regalo a chi vuole impantanare ancora una volta l’impegno contro le mafie.
I mafiosi di ogni organizzazione, operanti in tutta Italia, temono soprattutto le misure di prevenzione patrimoniale: sequestri e confische.
La Commissione parlamentare anti mafia ha recentemente raccolto l’allarme dei magistrati siciliani su questo punto. A preoccupare sono certo le minacce al pool di Palermo che ha in mano il processo sulla “trattativa”, ma non di meno le minacce sistematiche che arrivano ai magistrati che nel trapanese si occupano delle misure di prevenzione. Perché?
Perché la “roba” è prestigio, è consenso sociale e poi perché la crisi morde tutti: anche i mafiosi.
Strozzare il potere dei mafiosi con le misure di prevenzione, in parallelo all’accertamento delle loro responsabilità penali, è strategia che sta dando ottimi risultati. Insieme al mantenimento del regime carcerario duro.
Questo lavoro ha però almeno un punto debole: il 90% delle aziende sequestrate e confiscate fallisce. I posti di lavoro si perdono e la morale della favola rischia di essere: “Finchè c’erano i mafiosi almeno si lavorava, adesso che è arrivato lo Stato si è fatto il deserto”.
Qui sta il punto. Le mafie le sconfiggeremo quando le avremo rese inutili. Renderle inutili significa soprattutto far funzionare lo Stato, in modo che, come diceva il Generale Dalla Chiesa: “Assicuri come diritti, ciò che i mafiosi danno come favori”. Il primo diritto qual è? Il lavoro! Non c’è dubbio: il lavoro vero è libertà.
Si aggiunga che in questa lotta contro le mafie i simboli sono importanti, perché la forza delle mafie è anche forza culturale e la cultura è fatta di segni, di un senso e di un altro. Di lessico e di sintassi. Guai a sottovalutare. La proposta di legge 1138, attaccata nell’articolo, cerca proprio di predisporre strumenti utili a salvaguardare il lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate.
Ma prima di entrare nel merito della 1138, bisogna mettere sul piatto altri elementi, che concorrono a tracciare il perimetro del ragionamento e delle responsabilità politiche.
1) Il mercato competitivo nella legalità è un bene da salvaguardare e le aziende che soprattutto in territori difficili scommettono su questa sfida devono avere lo Stato al fianco, risorse economiche comprese. Prioritariamente.
2) Poi c’è quella categoria speciale di imprenditori che per difendere il proprio lavoro libero nella legalità, ha denunciato le pressioni dei mafiosi, talvolta perdendo tutto in ragione della denuncia. Questi devono avere lo Stato che li prende in braccio e che li aiuta ad attraversare il guado, rimettendoli all’asciutto dall’altra parte. E troppo spesso non succede.
3) Infine c’è da sistemare per bene la questione degli amministratori giudiziari, facendo funzionare quell’albo di cui si è detto e scritto, in modo da avere una lista precisa di persone competenti e controllabili.
Perché i piccioli, sono piccioli …
Il ragionamento sulle aziende sequestrate e confiscate si deve fare tenendo insieme almeno questi altri tre aspetti, dal mio punto di vista, non meno importanti di quanto affrontato dalla pdl 1138.
Ecco in che contesto si inserisce la proposta di legge popolare 1138 per la “ristrutturazione” delle aziende sequestrate e confiscate. Una proposta di legge, come ricordato dall’articolo, voluta da decine di organizzazioni e centinaia di migliaia di cittadini: altro che monopolio esclusivo dell’antimafia. Piuttosto una rigorosa corresponsabilità.
Cosa vuole questa proposta di legge? Che le aziende sequestrate e poi confiscate vengano valutate da un gruppo di lavoro insediato presso le prefetture per una prima, seria, scrematura. Ovvero: siamo tutti consapevoli del fatto che molte aziende mafiose, sono bolle di sapone: soltanto lavatrici per il riciclaggio. Le bolle di sapone vanno fatte scoppiare. Non si tratta quindi di riesumare aziende “zombie”, ma di capire quali sono salvabili. Quindi i tavoli presso le prefetture avranno il primo compito di scremare tra “zombie” e roba buona: perché non si butti via il bambino con l’acqua sporca. Ragionevole, no?
Per queste aziende, recuperabili, scatterebbe il piano di sostegno, finanziato con un fondo di rotazione alimentato non dalle tasse dei cittadini, ma dai beni mobili confiscati alle mafie. Ragionevole, no?
Per queste aziende si vuole reintegrare, tra l’altro, la cassa integrazione a tutela dei lavoratori: soppressa dalla riforma Fornero. Ragionevole, no?
Tutto ciò posto, queste norme sono in divenire e all’attenzione oltre che della Commissione Giustizia della Camera, anche della Commissione Antimafia e del Gruppo di lavoro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha recentemente depositato una relazione di oltre 300 pagine con proposte mirate anche su questi profili. Insomma: i lavori per il lavoro sono in corso. Aiutiamoci a fare il meglio. Diversamente, chi gioca soltanto ad impallinare ogni tentativo, alimenta il sospetto che questa battaglia qualcuno non la voglia proprio vincere. Forse perché, una volta vinta, non saprebbe più cosa diavolo fare nella vita.
On. Davide Mattiello
Commissione Giustizia e Commissione Antimafia