Un anno da Minotauro

E’ passato un anno da quell’8 giugno 2011, quando ci siamo svegliati con la notizia dei primi risultati dell’inchiesta Minotauro. Quella data resterà impressa nella memoria, perché ha segnato con forza un punto di non ritorno: le mafie nel territorio torinese incidono pesantemente, e condizionano i meccanismi di gestione e ottenimento del potere. Nessuno può più permettersi di sostenere il contrario.

A che punto siamo, dodici mesi dopo? La fase preliminare è iniziata. Su 172 soggetti indagati, 75 risultano rinviati a giudizio, mentre 74 hanno chiesto il rito abbreviato. Tra questi ultimi, Giovanni Iaria, noto imprenditore edile del canavese. Gli altri 20 hanno optato per il patteggiamento. Il rito abbreviato si sta celebrando davanti al Giudice per le indagini preliminari, che deciderà sulla base degli atti di indagine presenti nel fascicolo del pubblico ministero. Non verrà sentito alcun testimone, e si deciderà tutto sulla base dei documenti. L’udienza si svolge in camera di consiglio e l’eventuale condanna consentirà agli imputati di godere di uno sconto di pena pari ad 1/3. Tra i soggetti rinviati a giudizio, per i quali il processo si terrà con rito ordinario, ci sono Nevio Coral, ex sindaco di Leinì, Salvatore De Masi, padrino del clan di Rivoli, Antonio Battaglia, ex segretario comunale di Rivarolo, e Bruno Trunfio, figlio del capolocale di Chivasso.

La prima udienza pubblica del processo è fissata al 18 ottobre, non sappiamo ancora dove si terrà. Libera, in quell’occasione, chiederà, insieme al Comune e alla Provincia di Torino, e al Comune di Volpiano (e forse alComune di Leinì, stando alle ultime indiscrezioni), di costituirsi parte civile nel processo.

Valentina Sandroni, referente di Libera Cuneo e competente in materia in quanto avvocato, spiega il significato del costituirsi parte civile in un processo di mafia: “Si tratta di uno strumento con cui la persona – giuridica o fisica – che si ritiene danneggiata dal/i reato/i oggetto del processo può chiedere il risarcimento (economico e morale) del danno subìto, senza dover affrontare autonomamente un processo parallelo. Rappresenta uno strumento molto importante, in quanto conferisce valore alla posizione della vittima, che in genere è posta in subordine”. Inoltre, spiega Valentina, “per Libera è importante esserci nel processo-simbolo del radicamento delle mafie nel nord ovest, dove l’associazione lavora bene e da molti anni. La maggior parte delle vittime di estorsione indicate nel processo non si sono costituite parte civile, salvo un imprenditore di Cuorgnè. C’è un clima di paura, e la società civile non appare molto coinvolta. Bisogna dare un segnale, una scossa, e tenere i riflettori accesi sulla vicendaLibera è il simbolo del peso e del valore della società civile nell’antimafia, e può rivendicare dignità e danni economici, a nome di tutti”. 

Non ci resta che aspettare.

Be Sociable, Share!