Tunisia, Mattiello: “La violenza non sequestri la democrazia”

In merito alle violenze che si sono scatenate in Tunisia, Davide Mattiello auspica che “La democrazia non venga presa in ostaggio dalla violenza; siamo tornati martedì da un paese in cui la democrazia ha vinto, abbiamo scelto proprio Sidi Bouzid come sede per l’osservazione del processo elettorale perchè consapevoli che in quella città è nato tutto il movimento che ha portato alla rivoluzione e alle elezioni, e proprio lì abbiamo avuto l’occasione di parlare con tanti giovani e di cogliere  un fortissimo desiderio di costruzione e partecipazione ai processi democratici. Abbiamo apprezzato l’enorme sforzo che tanti Tunisini hanno compiuto per arrivare a libere elezioni, ed è proprio in virtù di questi sforzi che confidiamo nella capacità delle forze democratiche tunisine di gestire questo momento così delicato”

TUNISI –  Ha vinto su tutti i fronti, sia in termini di voti che di percentuali e, quindi, di seggi. E il successo è forse andato oltre le aspettative dei suoi dirigenti. Ennahdha – il partito islamico guidato da Rached Gannouchi – ha letteralmente stravinto le elezioni per la Costituente in Tunisia perché, se gli vengono attribuiti almeno 88 seggi (il secondo partito, Congres pour la Republique, ne prenderebbe solo 29), la situazione potrebbe mutare ancora più a suo favore grazie al gioco dei ricorsi, già presentati o annunciati. 

Dopo Ennahdha e CpR, grande risultato di Petition Populaire (Aridha, in arabo), con 26 seggi. A seguire Ettakatol, con 21 seggi, e il Partito democratico progressista, con 15.

“La Tunisia è di tutti, i diritti delle donne e di chi non è religioso saranno protetti”. A parlare è Rached Gannouchi dopo la comunicazione ufficiale dei risultati. “Continueremo questa rivoluzione – ha detto ancora – per realizzare i suoi obiettivi di un Paese libero, indipendente, progredito e prospero, nel quale siano assicurati i diritti di tutti”.

Ma intanto scoppiano dei disordini a Sidi Bouzid per l’esclusione di alcune liste del partito-rivelazione di questo voto, Petition Populaire, a causa della presenza di candidati ex elementi dell’Rcd, il partito dell’ex presidente Ben Ali,  sciolto per decisione della magistratura tunisina. 

In città – dove PP ha vinto nettamente le elezioni, ottenendo 48.022 voti e tre seggi, surclassando Ennahdha, che ha ottenuto solo 19.698 voti e 2 seggi – si è scatenata la furia di migliaia di persone, in maggioranza giovani, che sono scese in strada assediando, con slogan e insulti, la locale sede del partito di Rached Gannouchi, per poi dargli l’assalto dandola alle fiamme. 

Di lì a poco la rabbia dei manifestanti ha avuto un altro bersaglio, il Municipio, assaltato e saccheggiato come nei giorni della rivoluzione, quando queste azioni erano pratica quasi quotidiana in tutto il Paese. Nemmeno il governatorato è uscito indenne dalla furia dei manifestanti che hanno incendiato decine di pneumatici accatastati davanti all’ingresso principale del palazzo.

La polizia è intervenuta, con un fitto lancio di candelotti lacrimogeni che non hanno spento il furore dei ragazzi, i quali hanno preso possesso virtuale della città, presidiando le strade principali e gli incroci.

La protesta per l’esclusione delle liste di PP sta toccando anche Sfax, una delle città più importanti della Tunisia. Decine di giovani, in maggioranza studenti, hanno occupato le strade che collegano la città all’aeroporto e ad Agareb. 

A Tesserine sono scesi in piazza in migliaia, ma la situazione è tranquilla. Disordini contro la decisione di escludere le liste di PP sono segnalati anche a Regueb, una cittadina distante una cinquantina di km da Sidi Bouzid. Alcuni testimoni hanno riferito di avere sentito un colpo d’arma da fuoco davanti alla locale sede del partito Ennahdha. 

Sidi Bouzid è una delle città simbolo della rivoluzione contro Ben Ali, perché è stato lì che, nel dicembre scorso, un giovane commerciante ambulante, Mohammed Bouazizi, per protestare contro il sequestro della sua merce, si diede fuoco. L’uomo morì il 5 gennaio e il suo gesto disperato diede il via a una serie di proteste, che poi portarono alla rivoluzione e alla defenestrazione dell’allora presidente.