F35 sospesi

F35

Il nuovo contesto strategico e le pressanti esigenze di contenimento della spesa pubblica impongono di ripensare e riorganizzare profondamente, sulla base di principi fortemente innovativi, la struttura e la capacità dello strumento militare nazionale, che ancora risentono di schemi concettuali riconducibili al periodo della Guerra Fredda”. Questo è scritto nel comunicato emesso dal Quirinale mercoledì 19 marzo. Diramato al termine della seduta del Consiglio supremo di Difesa, convocato per discutere una revisione strutturale e di spesa del settore militare nazionale e di pubblica sicurezza.

Al Consiglio sedevano il Presidente Napolitano, Renzi, il ministro della Difesa Roberta Pinotti, l’ammiraglio Binelli Mantelli e altre cariche interessate al settore.

Ovvero: sono sospesi i pagamenti per il progetto di sviluppo sugli F35. almeno per un mese, tempo che la commissione Difesa analizzi la proposta di revisione del Pd e che la Camera la voti.

 

Pochi giorni prima, sugli F35, la Pinotti aveva dichiarato: “è lecito immaginare che si può ripensare, si può ridurre, si può rivedere”, domenica 16 marzo in un’intervista rilasciata a SkyTg24.

Martedì però aveva già corretto il tiro: “Facevo un discorso più complessivo, non ho parlato di un singolo programma d’arma”.

Tra domenica e martedì il “discorso più complessivo” era già stato dotato di numeri, scappati dalla ‘bozza’ del commissario per la Spending Review, Carlo Cottarelli. Dall’acquisto di 90 cacciabombardieri F35 si sarebbe passati a 45. Con una spesa ridotta da 12 a 6 miliardi di euro in 12 anni. Si è anche parlato della vendita della portaerei Garibaldi – ormai abbiamo la Cavour – di un taglio agli elicotteri per il soccorso in mare. La dismissione di 385 strutture tra presidi e caserme. Di sospendere il progetto di ricerca Forza Nec sul soldato digitale – il cui costo complessivo si stima sui 20 miliardi in 25 anni. Di creare “un organismo di controllo sulla qualità degli investimenti” perché al momento in Italia le spese le decidono i “singoli stati maggiori” senza coordinamento e spesso “in concorrenza” tra loro.

Insomma, dalla bozza di Cottarelli sono uscite indicazioni e numeri precisi: 1 miliardo e 100 milioni l’anno di tagli per i prossimi 15 anni.

In particolare, le indiscrezioni sugli F35 hanno raccolto consensi, sia a sinistra (il Pd ha presentato alla commissione Difesa alla Camera un documento sul ridimensionamento del programma sviluppato con Lockheed Martin, che produce gli F35), sia a destra (Maurizio Lupi si è detto “disponibile”. Ignazio La Russa “non contrario”).

Per il momento però nulla è confermato se non il piano di tagli alla Difesa già deciso con un decreto dal governo Letta: i militari effettivi scenderanno da 190 a 150 mila. Una riduzione da 30 a 20 mila del personale civile. Da oggi al 2024.

 

In realtà lo stesso governo che ha preceduto quello di Renzi aveva già formulato nel suo piano di ridimensionamento della Difesa il taglio al progetto sugli F35. Tutto si era però fermato davanti allo stesso Consiglio supremo di Difesa, presieduto da Napolitano. Il presidente della Repubblica aveva in quell’occasione esortato a rispettare i piani di acquisto in fatto di spesa militare.

Ma cosa è cambiato da allora?

Il governo, certamente. Forse i conti pubblici. Probabilmente la diffusione dei rapporti sulla scarsa efficacia di queste carissime macchine da guerra. Oppure la contrapposizione tra esse e le scuole italiane che cadono in pezzi, proposta in questi mesi dalle campagne per il disarmo. Insomma, molte ipotesi.

Sicuramente non è una svolta verso il pacifismo, visto che in programma abbiamo ancora l’acquisto di 96 caccia Eurofighter – la cui spesa stimata si aggira sui 21 miliardi – e di molti altri armamenti. Quantomeno c’è ufficialità sulla fine della Guerra Fredda.

 

Toni Castellano