Revocata a Raphael Rossi la Presidenza dell’ASIA Napoli. Cosa è successo?

Pubblichiamo qui di seguito un articolo e due video che riguardano la revoca di Raphael Rossi da Presidente dell’Asia (Azienda Servizi Igiene Ambientale) di Napoli.

L’articolo è tratto da La Repubblica, e i due video riguardano la conferenza stampa con cui si annuncia la revoca e il bilancio che Rossi fa del suo operato.

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Quel “no” di Raphael Rossi
a 23 assunzioni del consorzio-fantasma

Cosa c’è dietro il “divorzio” con de Magistris. Nel consiglio di amministrazione dell’Asìa era rimasto solo

 

A volte ritornano. I fantomatici precari della differenziata, che non hanno mai lavorato, ma esigono l’assunzione. Le alchimie della politica che dovrebbe ascoltare ma poi agire con rigore. Ombre del passato. Repubblica è andata a vedere cosa ha guastato, tra le altre cose, il rapporto tra sindaco e Raphael Rossi.

L’aria è elettrica al piano nobile di Palazzo San Giacomo. Ma oltre la delusione che si respira tra primo cittadino e manager torinese, sentimento tanto inatteso quanto reciproco, e ben al di là delle parole di cortesia, ci sono fatti concreti su cui due personaggi carismatici e ad alto tasso mediatico, come de Magistris e Rossi, non erano d’accordo? Quali sono i fronti su cui, del tutto legittimamente, si è manifestata l’incompatibilità tra il primo cittadino e l’esperto dei rifiuti, entrambi beniamini del popolo web nazionale, d’un tratto al centro di un “divorzio” prematuro?

VIDEO
Non mi aspettavo la revoca – Una cittadina contesta: Ma perché va via?

Si può, per essere concreti, cominciare a bussare all’uscio di una casa di un rione popolare, Montecalvario. Lì abita uno dei cittadini che della rivoluzione “arancione” non sa cosa farsene, anche se continua ad avere “molta fiducia” nel sindaco de Magistris e nella sua giunta. Ed è la coda di una storia cominciata nel lontano 1999. Si chiama Antonio Musella.

Signor Antonio, buonasera. È vero che lei è uno dei 23 ex stipendiati dell’allora consorzio Napoli 5?
“Sì, sono uno di loro”.

E le risulta che alla vostra assunzione in Asìa si era opposto il manager della azienda d’igiene, Raphael Rossi?
“Sì. Io e gli altri colleghi miei lo sappiamo. Il Comune prima aveva fatto sapere che ci potevano assumere, la giunta ha fatto apposta una delibera per dire che dovevamo entrare, poi c’è stata una riunione in Asìa, e so che non è andata bene. La vuole vedere la delibera della giunta? È recente, è di agosto scorso, e ci dava ragione. Poi non se n’è fatto più niente. Ora speriamo che si fa. Speriamo con la Befana”.

Scusi, ma lei e gli altri non avete quasi mai lavorato negli ultimi due anni: il vostro è il tristemente noto consorzio che non fu mai costituito. Eravate fantasma, e neanche lavoratori.
“Eh sì, ma mica è colpa nostra. Alcune volte abbiamo lavorato con i militari, per sollevare da terra cumuli di cartoni o immondizia sparsa, è vero che negli ultimi due anni non ci facevano fare niente, ma comunque era finita la mobilità e poi da cinque mesi niente più, finito. Non ci danno più gli stipendi”.

Ma perché sperate in un’assunzione in tempi brevi?
“Come perché: a parte il fatto che sia il consiglio comunale, sia la giunta di de Magistris in estate hanno detto che dovevamo entrare e basta. Ma poi ora c’era questo fatto della nave dei rifiuti…”.

In che senso?

“Noi dovevamo essere assunti per fare queste operazioni tra via Brin e via Brecce”.

Ma adesso risulta che i rifiuti faranno invece un viaggio senza tappa intermedia: direttamente dagli Stir al molo dov’è attraccata la nave.
“Che ne so… Noi ci stavamo preparando per lavorare per queste navi”.

Un’altra cosa. Scusi, perché, anni fa, quando l’Asìa aprì il bando per assumervi voi rifiutaste di entrare, e volevate essere assunti direttamente dal Comune?
“Perché non ci volevano riconoscere i vari livelli che abbiamo maturato”.

Quindi, attendisti del lavoro. Ma risulta che abbiate fatto causa al Comune e il giudice del lavoro vi ha dato torto. Così avete organizzato proteste energiche, occupando anche la stanza del dirigente comunale del Dipartimento, Pulli.
“Sì, è vero abbiamo protestato. Che ne so perché abbiamo perso la causa, succedono ‘ste cose. Io dico che la politica ci mangia, ci arravoglia, ci confonde, non abbiamo capito niente”.

Antonio Musella ha 57 anni, una moglie e tre figli. Non ha mai fatto altro che definirsi operaio della differenziata, pur non avendo una specifica competenza. Antonio è uno dei 23 ex stipendiati (sugli originari 362 dipendenti) di quel consorzio dello scandalo che ora attendono  –  a loro dire  –  di “entrare” al Comune. Molti dei suoi colleghi hanno tra i 55 e i 59 anni. E dovrebbero essere chiamati a spazzare, lavorare sui camion, movimentare quantità ingenti di rifiuti.

Eccola, la lunga storia del gruppo dei “23”. Uno dei motivi  –  certo, non l’unico  –  dei recenti dissapori tra il Comune di Napoli, azionista di Asìa, e il manager Raphael Rossi, che lascia il vertice dell’azienda dopo soli sei mesi. Su questa vicenda, c’è stata una delle discrasie più forti: da un lato Rossi che interpreta alla lettera il mandato della tolleranza zero su sprechi e inefficienze, così come chiesto dal sindaco de Magistris e dal suo vice, Tommaso Sodano.

Dall’altro atti formali che vanno in altra direzione. Ovvero: la delibera di giunta comunale numero 868 del 2 agosto 2011 dispone che Asia dovrà impiegare “tali lavoratori  –  segue la lista con i 23 nomi  –  per il trasferimento dei rifiuti dall’impianto di via Brecce”. E ancora, un ordine del giorno del consiglio comunale del 30 novembre scorso che, su proposta unanime di tutti i gruppi consiliari, impegna sindaco e assessori “ad attivare Asìa per concludere le procedure per il trasferimento dei restanti lavoratori del bacino Napoli 5 allo stato senza nessun sostegno a reddito, né una prospettiva occupazionale”.
Nel consiglio di amministrazione di Asìa, Rossi era rimasto, sembra, isolato a dire no. Per giorni aveva guardato i profili di quei lavoratori, e letto i pareri legali preparati dall’avvocato di Asìa, il professor Giuseppe Ferraro dell’Università Federico II.

È stato calcolato che assumere quei lavoratori costi almeno 700 mila euro all’anno
. Per un reale miglioramento del servizio? Qualche dubbio è venuto anche a de Magistris, che comunque chiude così l’argomento: “Sulle assunzioni userò il rigore che ho sempre promesso. E se le cose non sono in regola, non si fanno”. L’ultimo mistero riguarda poi la cifra. In realtà gli “attendisti” del lavoro erano 24 fino a un anno e mezzo fa. Poi, dopo la scomparsa prematura di due di loro, sono diventati 22 ai quali, solo negli ultimi tempi, si è aggiunto un 23esimo nome. Numeri indefiniti, fluttuanti. Come la verità di questo “divorzio”.