L’appello della casa editrice ‘l’Indice’

Cari lettori, abbonati, recensiti, recensori, amici tutti,

voi conoscete da vicino il valore dell’Indice, la sua unicità nel panorama editoriale italiano, lo avete letto, forse ci avete scritto, forse conoscete le persone che ci lavorano. Ora il giornale che in vario modo ha fatto parte delle nostre vite da oltre 26 anni è in grave pericolo e rischia di morire. Entro il 30 giugno dobbiamo riuscire a rifinanziare “L’Indice” che ha un debito accumulato negli anni di 150.000 euro di cui deve liberarsi entro quella data, altrimenti, come amministratore, sono tenuto a portare i libri in Tribunale.

Alcuni hanno già risposto con solerzia e siamo loro grati. Una parte di questo macigno verrà finanziata attraverso cospicui contributi di generosi mecenati che sommati arrivano a 70.000 euro. Gli altri 80.000 euro devono e possono essere raccolti attraverso più piccole e meno piccole, comunque numerose contribuzioni. In pochi giorni abbiamo ricevuto sottoscrizioni per 30.000 euro, ma ancora non bastano, servono altri 50.000 euro. Quello che dobbiamo avere, entro e non oltre la data fatidica di fine mese, non è ancora il denaro in contanti, ma un elenco di finanziatori che s’impegnano solennemente e pubblicamente a versare una quota entro un paio di mesi. Solo quando, sommando tutte le quote offerte, raggiungeremo la fatidica soglia dei 50.000 euro, saremo fuori pericolo e liberi di alzare il capo e riorganizzare meglio l’impresa. Non importa l’entità della cifra (tutto fa), non importa se questa cifra la si può versare in prima persona o reclutando altri finanziatori (che tra l’altro, con soli 25 euro diventerebbero soci della cooperativa), da ciascuno secondo le proprie possibilità si diceva un tempo. Non importa neppure, purtroppo, in questo caso, averci provato. Questa volta conta solo il risultato finale: vivere o morire.

Poiché so bene che neanche il più generoso dei mecenati è disposto a tappare un buco destinato a riaprirsi, è bene aggiungere un po’ di dettagli.

L’indebitamento attuale è dovuto a molti fattori: in primo luogo il calo della pubblicità. Noi abbiamo ridotto i costi al minimo, ma non possiamo farlo a spese di quelli che lavorano in redazione che sono diventati i principali creditori della rivista. Possiamo, invece, incrementare le entrate:

– con la pubblicità a sfondo culturale ma non editoriale, con gli accordi già raggiunti con il gruppo Espresso per scambi pubblicitari e abbonamenti congiunti

– con gli abbonamenti di un’edizione on line.

– con un sito meglio rispondente alle esigenze dei tempi a cui alcuni di voi si accingono a lavorare

– promuovendo la rivista all’estero

– con una più razionale ed efficiente distribuzione

– mettendo a frutto il nostro archivio (le 37.500 recensioni preziosamente accumulate mese dopo mese).

– possiamo diventare una cooperativa di lavoratori, con accesso alle ingentissime provvidenze dello Stato, ma è un percorso che richiede più tempo.

Per ora basta una mail a daniela.innocenti@lindice.net. e a g.gmigone@libero.it che vi saluta.