La pedagogia della bellezza

La classe verde della nostra Scuola di Politica si occupa di inclusione, innovazione e sicurezza per una scuola che costruisca comunità. A pochi giorni dal 22 novembre, Giornata Nazionale per la Sicurezza Scolastica, la classe verde pubblica la seguente lettera per interrogarsi e ragionare sugli spazi pedagogici e didattici, in cui studiare, socializzare e costruire il proprio futuro

Una prima serie di capitoli sarà dedicata alle tue «fonti educative» più immediate. Tu penserai subito a tuo padre, a tua madre, alla scuola e alla televisione. Invece non è cosi. Le tue fonti educative più immediate sono mute, materiali, oggettuali, inerti, puramente presenti.
L’educazione data a un ragazzo dagli oggetti, dalle cose, dalla realtà fisica rende quel ragazzo corporeamente quello che è e quello che sarà per tutta la vita. A essere educata è la sua carne come forma del suo spirito.
(Pasolini,
Lettere luterane)

Dopo il 22 novembre, giornata in cui ricordiamo Vito Scafidi e in cui rimettiamo al centro del nostro dibattito la sicurezza nelle scuole, ancora di più ci chiediamo quanto la bellezza dei nostri edifici scolastici sia effettivamente un tema pedagogico che influisce sull’educazione dei ragazzi.
È chiaramente difficile definire il concetto di bellezza, e non è in questa sede che affronteremo la questione, ma ci chiediamo quanto lo spazio fisico sia un elemento da tenere in considerazione nel processo di apprendimento, e cioè quanto l’educazione che passa dalle cose e dagli oggetti citata da Pasolini sia centrale.

Spazio fisico e modello educativo
Il tema dello spazio educante è stato affrontato da molti pedagogisti, che mettono in correlazione l’organizzazione e la gestione dello spazio fisico con il modello pedagogico e didattico. È per questo che Freinet nelle sue Scuole Attive non poteva accettare le classi tradizionali, ma, desiderando una scuola vivente, naturale continuazione della vita della famiglia e dell’ambiente, voleva allestirle e renderle uniche, perché specchio di contesti e ragazzi diversi.
Ancora oggi un gran numero di classi italiane è organizzato con banchi singoli rivolti verso la cattedra, in posizione centrale: quale modello di trasmissione di conoscenze sottende? L’innovazione nella scuola deve passare anche da un ripensamento dell’organizzazione degli arredi e degli spazi?

Lo spazio come terzo insegnante
È anche tra i grandi innovatori della scuola dell’infanzia che troviamo una grande attenzione alla bellezza dell’ambiente scolastico: per Maria Montessori lo spazio scolastico non è una struttura statica e limitata ma una struttura vivente, accuratamente organizzato e preparato per offrire esperienze di apprendimento autonome; nella pedagogia di Loris Malaguzzi lo spazio fisico è talmente importante nel processo di apprendimento da intendersi come “terzo insegnate”, dove il primo è l’adulto, il secondo è il gruppo dei pari.
Tra le esperienze di scuole innovative, possiamo citare la scuola Rinnovata di Giuseppina Pizzigoni, la quale sosteneva che “La scuola, vista nel suo aspetto esteriore, è bella: bella per la sua linea architettonica; bella la sua decorazione murale; bella la disposizione in padiglioni sorgenti di tra il verde dei prati, dei campi, delle aiuole, dei chioschi; bella la decorazione dei luminosi corridoi, e quella delle aule tu te. […] Siccome la gioia viene all’uomo da ogni forma di bellezza, così sentii il diritto del bimbo a una vera e propria educazione estetica. […] La decorazione degli ambienti è sempre stata considerata un lusso” («l’arte costa» si dice); da molti è considerata una distrazione per lo scolaro; da altri non bene intesa nel suo scopo, fu falsata nei suoi mezzi; da pochi è considerata magnifico fattore di educazione: necessità spirituale.” (Pizzigoni G., (1922), Linee fondamentali e programmi e altri scritti, La Scuola Editrice, Brescia, 1956)

La situazione in Italia
Alla base di questo tipo di riflessione c’è la prospettiva, «ecologico-sistemica» (Brofenbrenner, 1989) che parte dall’assunto che ogni studente, in qualsiasi età, è innestato in un contesto ambientale che influisce sul processo evolutivo, e che quindi non può essere trascurato o inteso come secondario.
Oggi, in sede istituzionale e pedagogica, parlare di bellezza degli spazi significa parlare di scelte architettoniche innovative: le esperienze di rilievo in tal senso e le linee guida del Miur sull’architettura scolastica parlano di setting didattici diversificati, spazi dedicati alle attività, di sostenibilità ambientale e di spazi verdi, di un luogo cioè dove lo spazio diventa strumento educativo finalizzato allo sviluppo delle competenze sia tecniche che sensoriali.
Al di là delle eccellenze e delle scuole di nuova costruzione, dobbiamo continuare a chiederci quanto le nostre scuole riescano a parlare di bellezza, a curare gli spazi, a chiedersi quale idea facciamo passare attraverso la disposizione dei banchi o allestendo gli spazi comuni.
Dobbiamo chiederci cioè, quanto sappiamo trasformare le scuole da contenitori vuoti a spazi che hanno significato, in cui le persone che li vivono possano costruire insieme una storia comune fatta delle esperienze di ciascuno: è così che sarà possibile tenere insieme tutti, essere una scuola aperta e inclusiva in cui nessuno viene lasciato indietro.