CCA a Torino

 

Spett.le Sindaco,

Spett.le Presidente del Consiglio Comunale,

Spett.le Ufficio di presidenza e Conferenza dei Capigruppo,

Gentili consigliere e gentili consiglieri,

 

 

Come senz’altro sapete l’operazione Minotauro è il risultato di cinque anni di lavoro, pedinamenti, intercettazioni, migliaia di carabinieri impiegati. L’inchiesta guidata dal p.m. Alberto Perduca, dal gip di Torino, Silvia Salvadori, coordinati dai procuratori capo Giancarlo Caselli (Torino) e Reggio Giuseppe Pignatone (Reggio Calabria) testimonia che la ‘ndrangheta è ben radicata nel Piemonte.

La nostra regione è continuamente teatro di attacchi alla legalità sul territorio, compresi gli accordi illeciti con esponenti politici.

 

L’operazione scattata lo scorso anno ha colpito e decapitato i clan calabresi attivi all’ombra della Mole, “un’organizzazione imponente con centinaia di affiliati – scrivono i pm – tenacemente e capillarmente radicata nel territorio”: i numeri parlavano chiaro 142 arresti, disposti dal gip Silvia Salvadori tra Torino, Milano, Modena e Reggio, tra le circa 150 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse. Centottantadue indagati, per un’inchiesta resa possibile anche grazie alle dichiarazioni rese negli ultimi anni da due collaboratori di giustizia, Rocco Varacalli e Rocco Marando. Circa 70 milioni di euro il valore dei beni sequestrati.

 

In queste zone piemontesi, Giancarlo Caselli dichiara che sono presenti ben nove locali, contenenti per lo più cinquanta affiliati ciascuno : il locale di Natile di Careri a Torino, Courgné, Volpiano,  Rivoli (chiuso), San Giusto Canavese, Siderno a Torino, Chivasso, Moncalieri, Nichelino.

 

Ogni locale aveva un “referente” in Calabria e l’intero hinterland torinese faceva riferimento a Giuseppe Catalano, indicato come “responsabile provinciale”. Boss e sodali ramificano i loro affari in un clima di omertà. Anche in Piemonte le denunce “sono pochissime e ancor meno sono le denunce spontanee”, mentre la capacità di intervento degli ‘ndranghetisti è riconosciuta da “parte della popolazione” che si rivolge a loro per chiedere “piccoli favori, intermediazioni, suggerimenti” e risolvere problemi imminenti.

 

Non pochi i candidati che in questi anni sono entrati in contatto con i membri della consorteria nei periodi immediatamente precedenti alle consultazioni elettorali per richiederne l’intervento, consapevoli – scrivono i pm – “dell’influenza che gli affiliati sono in grado di svolgere nella ‘rete dei calabresi’ ”. Su questo punto sono emersi alcuni nomi di esponenti della politica locale implicati ma non indagati.

 

La criminalità organizzata è sempre più presente nel nord Italia e come ci aveva già descritto il presidente Francesco Forgione nella relazione della scorsa Commissione Parlamentare Antimafia, hanno colonizzato tutto. E Torino non è immune da questa piaga. Chi fino a qualche anno fa pensava che la “proiezione” malavitosa fosse molto debole probabilmente non aveva la percezione di quanto stava succedendo nel nostro territorio.

 

 

L’Osservatorio sulla Sicurezza nella Città di Torino, frutto del protocollo d’intesa fra Ufficio Territoriale del Governo-Prefettura e Comune di Torino del maggio ’98 ed allargato a 23 Comuni della cintura torinese firmatari di analoghi strumenti convenzionali, effettuava un monitoraggio della delittuosità nei territori degli Enti menzionati con elementi sull’intera provincia attraverso dati statistici e di conoscenza dei fenomeni criminosi.

 

Il rapporto del 2003 sosteneva che : “Una corretta valutazione della consistenza effettiva del fenomeno deve infatti considerare che, in particolare negli ultimi anni, la criminalità organizzata torinese è diventata più impermeabile all’azione informativa delle forze di polizia, mimetizzandosi sotto altre forme delinquenziali ovvero attività economiche di per sé lecite.

Va in ogni caso rilevato che in provincia di Torino, la cui popolazione ha sempre molto radicati la percezione della legalità ed il senso delle Istituzioni, non si registrano le condizioni che definiscono un territorio con presenza mafiosa:

-il consenso sociale alla mafia, caratterizzato da fenomeni di copertura e omertà;

-il territorio sottratto al controllo dello Stato;

-il forte condizionamento della vita pubblica ed amministrativa da parte di gruppi criminali.

Per tali ragioni e per l’anzidetta tendenza alla mimetizzazione, il fenomeno non è percepito nella sua pericolosità, a differenza di quanto accadeva negli anni ’80, dall’opinione pubblica locale.

Sostanzialmente, la situazione appare immutata rispetto al recente passato, se non per il fatto che alcune famiglie criminali stanziali si confrontano con la criminalità straniera, specie albanese.

La ‘ndrangheta è sicuramente la struttura di tipo mafioso tradizionale che maggiormente ha tentato di infiltrarsi nel tessuto socioeconomico della provincia, anche in ragione del locale radicamento, fuori quindi dal territorio di origine, di numerosi soggetti ancora collegati alla regione di provenienza.

I gruppi criminali calabresi attivi in Torino e provincia non si comportano secondo i canoni tradizionali della presenza mafiosa ma costituiscono comunque organizzazioni di rilevante caratura criminale collegate, anche se con una certa autonomia, con i sodalizi delle località d’origine, utili in varia misura per penetrare all’interno del tessuto locale e per svolgere attività economiche.

Per quanto attiene alle altre “mafie” tradizionali, non si segnalano attività delinquenziali rilevanti riferibili alla camorra ed alla mafia pugliese, ma si deve segnalare la ricomparsa sul territorio di pregiudicati legati al clan dei catanesi, sodalizio che dopo la sconfitta nella guerra di mafia degli anni ’70 pareva definitivamente uscito dallo scenario torinese, o al più ridotto ad un ruolo residuale con modeste aggregazioni di pregiudicati affiliati e riconducibili a famiglie mafiose delle regioni di origine.

Considerata l’anzidetta notevole tendenza alla mimetizzazione, è in ogni caso difficile portare alla luce i fenomeni.

Per l’inserimento nel tessuto legale si ricorre a soggetti appartenenti ad ambienti apparentemente slegati da quelli mafiosi, con intento di dissimulazione dei veri soggetti agenti.

I principali settori, da gestire secondo gli stabiliti equilibri fra i vari gruppi, sono il traffico di stupefacenti ed armi, i video-poker con sottostanti estorsioni, i subappalti di opere pubbliche e nel settore del movimento terra, l’usura, il riciclaggio

Gli investimenti ingentissimi in atto per le Olimpiadi e l’alta capacità ferroviaria, nonché per altre grandi opere, costituiscono elemento di grande appetibilità per le organizzazioni criminali. Per tale ragione è da tempo in atto un monitoraggio informativo in attuazione di appositi protocolli d’intesa stipulati dalla Prefettura con tutti i soggetti interessati, che ha consentito, attraverso la sinergia con la Regione Piemonte, di costituire un’articolata Banca dati attraverso cui svolgere gli accertamenti sulle imprese e sulla filiera dei subappalti. Nel 2003 sono stati svolti numerosi controlli, fra cui tre massicce operazioni coordinate interforze estese anche agli organismi di vigilanza su due cantieri olimpici ed un tratto della nuova linea ad alta capacità Torino-Milano, che hanno consentito di acquisire copiosa documentazione utile a “fotografare” la situazione ed a trarre spunti per approfondimenti.”

 

Da un’impostazione che comprendeva solo dati e statistiche, lasciando ai destinatari ogni “lettura” ed interpretazione, si era approdati all’idea di inserire qualche elemento per la comprensione di fenomeni già di per sé molto complessi quali quelli criminali, altrimenti ostici al di fuori di un pubblico di “addetti ai lavori”.

 

Negli ultimi anni l’amministrazione comunale di Torino non si è dotata né di una “commissione antimafia” né di un Osservatorio che, con la collaborazione della Prefettura e del Palazzo di Giustizia, lavori come nel caso sopraccitato ad uno studio annuale sui dati del “cruscotto per la sicurezza”, sui processi in corso e sulle sentenze.

 

La commissione comunale Antimafia dovrebbe innanzitutto contrastare il possibile inquinamento delle attività della macchina comunale e quindi il potere che le organizzazioni criminali possono acquisire in città. Inoltre deve creare nei cittadini torinesi quella sensibilità antimafia che solo gli addetti informati e i più giovani che hanno avuto contatti con le associazioni come Libera sanno che esiste anche nel nostro territorio.

 

Come sostiene da tempo la Fondazione Benvenuti in Italia: “non si tratta di rispondere con uno strumento straordinario a una situazione eccezionale: bisogna passare dalla straordinarietà all’ordinarietà dello strumento. I comuni importanti devono quindi dotarsi di un gruppo permanente che monitori appalti, subappalti, consulenze e in genere tutte le opere pubbliche che possono essere oggetto di interessi mafiosi o clientelari.”

 

Occorre convincere i cittadini che la corruzione favorisce le mafie. Si deve cominciare dai giovani e dalle scuole.

 

Il Comune di Torino è socio dell’associazione Avviso Pubblico, realtà nata nel 1996 per mettere in rete tutte le amministrazioni locali d’Italia per la lotta alle mafie. Questa organizza da marzo a maggio 2012 a Torino e provincia un corso per amministratori locali per la formazione civile contro le mafie sui temi della trasparenza degli appalti, della corruzione e dell’evasione fiscale.

 

A vent’anni dalle stragi di Mafia e dalla scomparsa dei giudici Falcone e Borsellino, l’istituzione di commissioni antimafia nelle più grandi città italiane, ci permette di credere ad un futuro del nostro paese più sicuro e più rispettoso delle regole democratiche, con cittadini consapevoli dei loro diritti e doveri e capaci di scegliere se accettare un’offerta allettante ma ambigua o dire no.

 

“Resistere alla mafia non è impossibile e la storia di Torino degli ultimi vent’anni lo dimostra, ma “la legalità deve ispirare ogni atto e ogni comportamento di unna pubblica amministrazione o di un partito” lo ha detto il sindaco Piero Fassino all’incontro di studio sulle “Mafie al nord” organizzato da Libera. Fassino ha osservato che il Piemonte per la criminalità organizzata “è una tentazione” e che una recente inchiesta della procura subalpina “ci ha messo di fronte ai rischi”. Il sindaco, accogliendo un invito di don Luigi Ciotti,  si è detto favorevole all’istituzione di una commissione antimafia o un organismo analogo.

 

Non crediamo che serva una commissione d’indagine. Crediamo invece che debba essere uno strumento aperto alla società civile e alle competenze del nostro territorio capace di instituire con il sopracitato Osservatorio un ottimo strumento di analisi, confronto e divulgazione delle buone pratiche (es: controlli incrociati, regole migliori sui sub appalti, la white list delle imprese), della penetrazione del fenomeno mafioso nel nostro territorio e del contrasto alle organizzazioni criminali. L’art 23 del Regolamento del Consiglio Comunale prevede l’istituzione di commissioni speciali. In tal senso per lo svolgimento di attività connesse alle proprie funzioni (indagini, ricerche conoscitive, predisposizione di proposte di deliberazione ecc.) sarebbe possibile unire la Commissione Comunale Antimafia alla prevista commissione d’indagine consiliare, ovviamente qualora fosse necessario.

 

Per questi motivi crediamo che sia venuto il momento che la giunta e il consiglio comunale discutano con la città di questi importanti temi.

 

MARCO GRIMALDI ROBERTO TRICARICO

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OGGETTO: COMMISSIONE COMUNALE ANTIMAFIA E CORSO FORMATIVO DI AVVISO PUBBLICO

 

Il Consiglio della Circoscrizione 3,

 

CONSIDERATO CHE

 

alcune indagini dimostrano ogni giorno di più la presenza capillare e drammaticamente normale della criminalità organizzata di stampo mafioso su tutto il nostro territorio.

 

CONSIDERATO IN PARTICOLARE CHE

 

nella notte tra il 7 e l’8 giugno 2011 la Procura di Torino ha coordinato l’operazione “Minotauro” che ha portato a 150 arresti e 117 milioni di euro in beni confiscati tra la Provincia di Torino in importanti comuni come Chivasso, Cuorgnè, Moncalieri, Rivoli e Volpiano, la Provincia di Milano, la Provincia di Modena e la Provincia di Reggio Calabria facendo emergere “inquietanti intrecci tra criminalità organizzata e politica”.

 

Attraverso questa operazione, brillantemente coordinata dal procuratore capo della Repubblica Gian Carlo Caselli, si è finalmente dimostrato come le strutture criminose si arricchiscano anche attraverso gli appalti pubblici dei comuni del nord.

 

Già negli anni ’90 si ravvisava evidente e conclamata la presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso nel nord Italia (prova ne è lo scioglimento del comune di Bardonecchia il 28 Aprile del 1995 per «l’esistenza di condizionamento degli amministratori da parte della criminalità organizzata»)

 

TENUTO CONTO CHE

 

il Comune di Torino è socio dell’associazione Avviso Pubblico, realtà nata nel 1996 per mettere in rete tutte le amministrazioni locali d’Italia per la lotta alle mafie, e questa organizza da marzo a maggio 2012 a Torino e provincia un corso per amministratori locali per la formazione civile contro le mafie sui temi della trasparenza degli appalti, della corruzione e dell’evasione fiscale.

 

IMPEGNA

 

 

  • il Sindaco ed il presidente del Consiglio Comunale a farsi portavoce verso il Consiglio Comunale per l’istituzione di una commissione comunale antimafia

 

  • il Presidente della Circoscrizione 3 a prodigarsi affinché almeno un consigliere di questo Consiglio partecipi al corso di formazione di Avviso Pubblico.
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Francesco Daniele  (coordinatore Sport e Politiche giovanili – Circoscrizione 3)
Diletta Berardinelli   (coordinatrice forum “politiche di integrazione e nuovi cittadini” – Circoscrizione 7)

Dennis Maseri  (coordinatore IV commissione – Circoscrizione 2)

Mattia Maggiora    (coordinatore I commissione – Circoscrizione 3) 

Lorenzo Puliè Repetto  (consigliere – Circoscrizione 4)
Riccardo Carlo Giovanni Tassone   (vicecapogruppo PD – Circoscrizione 8 )
Lorenzo D’Agostino (coordinatore Informazione – Circoscrizione 9)