Ius soli temperato: il Dossier

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di Camilla Cupelli

 

Il 13 ottobre 2015 è stata approvata alla Camera dei Deputati la proposta di legge sul cosiddetto “ius soli temperato”. Nel Dossier n. 105-bis dell’Ufficio Documentazione e Studi, uscito lo stesso giorno, a cura del Partito Democratico, si leggono alcuni punti chiave della Riforma.

La Camera ha approvato la riforma della legge 5 febbraio 1992, n. 91 in materia di acquisto della cittadinanza italiana per i minori, andando a modificare i criteri di attribuzione della cittadinanza italiana, con alcuni accorgimenti.

Fino a quel momento, si poteva diventare cittadini italiani attraverso tre istituti: lo ius sanguinis, la naturalizzazione, solo dopo dicei anni di regolare residenza (con permesso di soggiorno e residenza anagrafica) e lo ius soli solo dopo il compimento della maggiore età. L’applicazione amministrativa, in particolare per quanto riguarda la naturalizzazione, arrivava però a far sì che l’attesa, da sommare ai dieci anni di residenza previsti come requisito, si allungasse a volte fino a sei o sette anni oltre tale limite.

Per questa ragione, e considerato il valore degli immigrati sul territorio nazionale, la nuova legge modifica tali criteri. Essa, si legge nel Dossier, “è rivolta a ragazzi/e nati/e in Italia da genitori stranieri o arrivati prima del compimento del dodicesimo anno di età che risultino in possesso di alcuni requisiti costitutivi”. Si tratta di uno ius soli temperato, appunto, e di un parallelo ius culturae.

 

Per quanto riguarda l’applicazione dello ius soli temperato si prevedono due requisiti:

  • La nascita sul territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (per gli extracomunitari). Nel caso di cittadini dell’unione europea il requisito è la nascita sul territorio italiano e il possesso, da parte di almeno uno dei genitori, del diritto di soggiorno permanente, ossia dopo cinque anni di residenza legale in Italia;
  • La dichiarazione di volontà di uno dei genitori, o di chi esercita la responsabilità genitoriale, espressa entro il compimento della maggiore età, all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza del minore, da annotare a margine dell’atto di nascita.”

Tale descrizione spiega anche il perché si aggiunga l’aggettivo “temperato”: si esclude infatti che la cittadinanza possa essere acquisita per il semplice fatto di essere nati sul territorio nazionale. Questa specificazione, giustificata nel dossier con il fatto “che in un’epoca di spostamenti continui di popolazioni può essere quasi casuale e scollegata dall’intento della famiglia del minore di risiedere legalmente in Italia” è quella che ha creato più polemiche. Se questa norma sembra infatti un passo avanti verso il riconoscimento della presenza degli immigrati sul suolo nazionale, è anche vero che i propositori dello ius soli restano fortemente insoddisfatti in seguito alle limitazioni poste dalla normativa.

Per quanto riguarda lo ius culturae, si specificano allo stesso modo due situazioni di applicabilità della legge:

  • Il minore deve aver frequentato per almeno cinque anni regolarmente uno o più cicli presso istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione, o percorsi di istruzione e formazione professionale, triennale o quadriennale, idonei al conseguimento di una qualifica professionale;
  • Se il corso frequentato è di istruzione primaria, deve essere stato concluso con esito positivo.

Infine, sotto il grido di “mai più neonati fantasma”, viene modificata una norma della legge 94 del 2009, il “pacchetto sicurezza Maroni”, che impedisce di iscrivere all’anagrafe i neonati, se padre e madre non esibiscono il permesso di soggiorno.

 

La proposta di legge, dunque, va nella direzione giusta: ma la strada da fare è ancora lunga.