Marchionnepensiero

Ascolto sempre con attenzione le parole dell’Amministratore Delegato della FIAT Sergio Marchionne, sin dai tempi del suo insediamento.

Ho sempre trovato nelle sue argomentazioni validi spunti di riflessione perché il personaggio è, soprattutto nel linguaggio e nella comunicazione di sé, un alfiere della globalizzazione intesa come fenomeno ‘naturale’.

Al contrario io ho sempre inteso l’insieme di regole economico finanziarie, commerciali e persino culturali che vanno sotto il tag ‘globalization’ come un fenomeno del tutto umano.

Questo perché non ho mai avuto notizia di qualcuno che fosse sceso da un monte con le regole della globalizzazione incise su tavole di pietra, o su un iPad. Ma tant’è: punti di vista diversi.

Tutto ciò per dire che oltre ad essere un felice possessore di una Fiat Idea, e a non essere iscritto alla FIOM, ho sempre cercato di ascoltare le parole di Marchionne, oltre che sentirle.

L’ho fatto anche stavolta, in occasione della ormai celebre sparata sui 19 operai messi in mobilità per fare spazio ai 19 operai FIOM reintegrati; certo ho strabuzzato gli occhi anche io, ma ero seduto e credo nella respirazione come fonte di rilassamento. Del resto ne ho sentite di peggiori.

Non da Marchionne, però.

Ora, la sgradevolezza dei toni e la mala gestione della vicenda, anche da un punto di vista comunicativo, sono stati ampiamente dibattuti; credo che il punto non stia nel metodo, e in questo caso nemmeno tanto nel merito. Il ‘divide et impera’ è un concetto antico, inventato da chi aveva una visione più strategica dell’AD Fiat, soprattutto sul lungo periodo .

Ascoltando quelle parole mi è venuto in mente il concetto di ‘falso bersaglio’: un dispositivo che serve come contromisura in caso di attacco. Si lanciano i falsi bersagli e l’attenzione viene dirottata su questi (una deviazione da videogiocatore, ne convengo..).

Specchietti per le allodole, armi di distrazione di massa, lo si chiami come si vuole… è comunque un gioco di specchi.

Marchionne mischia i bussolotti e cerca di caricare sulle spalle della FIOM la sofferta decisione di mettere in mobilità degli onesti e non sindacalizzati operai.

Solo che la FIOM non c’entra niente.

Il reintegro degli operai è avvenuto in attuazione della disposizione di un Giudice; è la Legge che decide: non Landini o Airaudo.

Marchionne però sa bene che il format dei giudici comunisti ha più o meno 20 anni, e un copyright decisamente blindato; da qui la scelta di caricare la responsabilità sulla FIOM.

E’ un tentativo maldestro e perciò preoccupante: forse le vendite non vanno così male per colpa di Landini e dei demoni FIOM?

Ma la questione interessante è che in questo gioco di specchi  il lanciatore di falsi bersagli diviene esso stesso un paravento.

Ricordo bene la conferenza stampa in cui gli occhi dei tanti giornalisti e politici torinesi brillavano di commosso entusiasmo per l’arrivo del manager illuminato.

Un asilo nido per le dipendenti! Il dress code così informale! Parla agli operai da pari a pari!

Poi è venuta Fabbrica Italia, la crisi, tutto quello che sappiamo. Cosa nasconde il paravento? A me pare ovvio: viene nascosto l’imprenditore che da che mondo è mondo decide dove e come investire.

Sì lo so che soprattutto a Torino si deve sempre dire sottovoce perché l’Avvocato, la tradizione, Sestriere, la classe, il prestigio…

Epperò i soldi della Exor e di tutte quelle belle scatoline li hanno loro, no? Marchionne alla fine risponde a loro. O no?

Lo possiamo dire, lo vogliamo dire che Marchionne o no, la Fiat smobilita perché l’Italia adesso non conviene più? In Brasile le fabbriche vengono pagate con badilate di soldi pubblici che quando non sono a fondo perduto hanno interessi risibili! In Polonia si svenano pur di tenere le linee di produzione (che manco Togliattigrad…)

E’ bene tenerli a mente tutti quegli occhi lucidi e quelle boccucce a ‘O’ mentre Marchionne diceva ‘La ricreazione è finita (ma sarò buono)’

E’ un po’lo stesso concetto proferito da chi comprò la Olivetti e la mandò a catafascio, e che oggi lancia bizzarri e intempestivi strali sul manager, paragonandolo nientemeno a un nazista.

Marchionne non è un nazista, è evidente: i suoi due compiti sono vendere auto e parlare un linguaggio che sia il più possibile elusivo per nascondere il più a lungo possibile le intenzioni di chi lo paga. Punto.

In Italia i nodi al pettine non vengono quasi mai, e se arrivano c’è da stare certi che i capelli impigliati non appartengono a chi di dovere, ma anche il migliore dei falsi bersagli può fallire, e i paraventi non sempre reggono.

Spero non ci caschino tutti come all’epoca del suo arrivo al Lingotto, ma temo che sarà ancora una volta così; rimane il fatto che i 19 da mandare via per fare posto ai fannulloni della FIOM sono una mossa lesiva dell’intelligenza delle persone, Dottor Marchionne.

E’ troppo facile fare i manager illuminati quando la bolletta della luce la pagano gli altri.