Fiat condannata

La Fiat è stata condannata per discriminazione e sarà costretta a riassumere 145 iscritti Fiom nella fabbrica di Pomigliano. A stabilirlo è stato ieri il Tribunale di Roma che ha  sancito, in attesa del ricorso già annunciato dalla dirigenza della casa automobilista, un dato chiaro: nelle assunzioni non può essere considerato un disvalore essere iscritto alla Fiom. Per commentare la sentenza, abbiamo posto alcune domande a Pino Capozzi, delegato Fiom a Mirafiori, licenziato dalla Fiat e reintegrato dalla giustizia italiana sul posto di lavoro.

 

Pino Capozzi, il Tribunale di Roma ha disposto il reintegro di 145 operai della Fiom a Pomigliano. Che cosa hai provato di fronte alla lettura della sentenza?

Ho provato una grande gioia e tanta soddisfazione per i lavoratori di Pomigliano e le loro famiglie. La mia vicenda, come ben sapete, è legata a doppio filo a quella di Pomigliano in quanto inviai la mail il giorno prima del referendum napoletano, esprimendo proprio solidarietà ai lavoratori di quello stabilimento.

Qual è l’importanza di questa sentenza per il mondo del lavoro e per la difesa dei diritti dei lavoratori?  

Questa sentenza è un punto di svolta nelle relazioni sindacali della più grande azienda metalmeccanica italiana; Impossibile non collegare tra loro le tante sentenze che in giro per l’Italia, a Torino come a Bologna o a Modena, ci stanno dando ragione per quanto concerne le discriminazioni subite. A Pomigliano sono mesi che la Fiom denuncia la discriminazione subita dai suoi iscritti nessuno dei quali, finora, era stato assunto nel nuovo stabilimento in cui si produce la Panda. Nemmeno nel calcolo probabilistico si può dare l’eventualità che nemmeno uno dei circa 300 tesserati della Fiom non faccia parte di un corpo fatto di duemila unità. Marchionne, e tutta la Fiat, hanno sempre risposto che all’azienda tutto ciò non risultava… Credo che con questa sentenza sia tutta la strategia di Marchionne a essere sconfessata, visto che uno dei pilastri portanti del suo progetto era la Fiom fuori dall’azienda. La battaglia tra l’azienda ed il nostro sindacato non si è certo conclusa. Come se fossimo ritornati a due anni fa, quando si diceva: “Pomigliano è un caso isolato e che solo lì si sarebbe applicato il nuovo contratto”. Mi verrebbe da dire: da Pomigliano si è partiti e a Pomigliano si è arrivati.

 

Tu sei stato licenziato per una regolare attività sindacale, come stabilito dalla giustizia. Quale clima si respira oggi a Mirafiori, a seguito delle decisioni aziendali che hanno punito in modo deciso la protesta?  

Il clima che si respira a Mirafiori, come potete immaginare, non è buono. E’ ormai sempre più evidente la rassegnazione dei lavoratori e la crisi strutturale europea non aiuta a trovare la forza per mobilitarsi e reagire a ciò che l’azienda sta attuando. Riguardo alle decisioni aziendali punitive, e parlo del mio caso quale esemplificativo, i lavoratori di Mirafiori (enti centrali, dove lavoro io) che quotidianamente frequento,  ormai sono dalla parte mia, sono dalla parte nostra! Il tempo è galantuomo e ci sta riconsegnando la storia con le sue verità e ormai è diventato impossibile non vedere cosa c’è “nelle pentole” ora che i “coperchi stanno saltando”. Vi faccio un altro semplice esempio:  a Termoli (CB) l’azienda ha disposto due giorni di fermo produttivo, un nuovo modo per evitare il confronto con i sindacati scomodi come la Fiom. Credo non abbia precedenti: per evitare che Maurizio Landini varcasse la soglia dello stabilimento hanno deciso di bloccare la produzione proprio nei giorni in cui la Fiom aveva richiesto regolarmente di fare delle assemblee con i lavoratori. Le notizie arrivano anche qui e i lavoratori notano cosa accade. Due giorni di chiusura significano detrazioni dalle buste paga anche per chi non é iscritto alla Fiom. 

Passiamo all’aspetto più progettuale e di prospettiva dell’azienda. Tu oggi sei in cassaintegrazione, come i tuoi colleghi. Come si è arrivati a questa situazione, nonostante il Piano “Marchionne”?  

Si siamo in cassa integrazione anche noi della progettazione, tutti! Non era mai accaduto ed è un segnale estremamente preoccupante. Noi faremo 3 giorni di cassa a giugno e poi 3 a luglio per il momento. Da settembre in poi è invece purtroppo tutto da scoprire. La situazione deriva sicuramente dal famigerato “piano Marchionne”, il piano che doveva rilanciare gli investimenti ma che al momento non ha visto la luce. Con questa cassa l’azienda risparmia un bel po’ di soldini evitando così perdite, cercando di rimanere in attivo, pur non vendendo auto. Ciò che maggiormente attanaglia nella paura i lavoratori torinesi è il fatto che la CIGO sia stata estesa anche alla progettazione. Mi spiego meglio: se la produzione fa cassa, l’azienda può giustificarla con la crisi, con il calo di vendite etc…. Ma se anche la progettazione, e quindi in qualche modo “il futuro” di Mirafiori e dell’Italia, inizia a fare cassa cosa vuol dire? Quali saranno i progetti futuri? E chi li progetta? Dove? Questi interrogativi fanno, ancora una volta di più, pensare che non avevamo poi così torto e che non serviva un cambio di contratto per creare lavoro….