Donne, monache

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Articolo di Camilla Cupelli

 

Tre monache, tre donne, tre diverse tradizioni religiose. Tre percorsi che si intrecciano e che trovano nell’Amore e nella Passione il loro compimento, attraverso la strada del monachesimo.

Paola Biacino, monaca eremita di tradizione cattolica, Elena Seishin Viviani, monaca buddhista della tradizione zen soto e Svami Hamsananda Girii, induista, si sono confrontate al Circolo dei Lettori per il Ciclo di incontri “Dalla parte di Eva”. Tema centrale, il ruolo della donna nelle diverse tradizioni, sotto l’emblematico titolo Le monache non sono in un guscio di lumaca. A gestire l’incontro, in modalità interattiva con il pubblico, Mariachiara Giorda, professoressa e ricercatrice di Storia delle Religioni all’Università di Torino e responsabile del Comitato Scientifico di Benvenuti in Italia.

 

Alla prima domanda dal pubblico, “cosa vi distingue l’una dall’altra?” le tre monache sembrano reagire quasi sorprese. “Forse è meglio parlare di cosa ci accomuna, esordisce Elena Viviani, e quello che ci accomuna è sicuramente un percorso di passione per l’Assoluto, sia che lo chiamiamo Dio o meno. Un percorso di desiderio verso l’amore, alla ricerca di qualcosa di profondo”. “A distinguerci è l’abito – scherza invece la monaca induista – il mio come potete notare è arancione. Ma solo l’abito esteriore è diverso: siamo prima di tutto, tutte e tre, monache”. Esattamente: la differenza si percepisce poco, mentre le tre donne parlano di forza del dialogo intermonastico e di modalità di preghiera, meditazione e contemplazione. I loro discorsi si sfiorano in continuazione, e sembra di percepire la potenza di una ricerca infinita. Pacata e silenziosa, come le loro vite, ma allo stesso tempo prorompente.

 

Anche la seconda domanda sembra stizzirle un po’: “perché per essere monca devi annullare la tua femminilità?” chiedono dal pubblico. Elena Seishin Viviani, un po’ scherzosa, ribatte chiedendo cosa si intende con femminilità. “Molti mi chiedono perché mi raso i capelli. Io rispondo che a voi pare una libertà tenere i capelli lunghi, io trovo la mia libertà nel tagliarli”. “Io mi sono sposata e ho avuto dei figli” dice Paola Biacino, “quindi il mio essere madre, in senso ampio, si è sempre mantenuto. La mia femminilità non è mai stata messa in discussione”.

 

Quella che hanno compiuto, a loro dire, non è una scelta. È un destino. Svami Hamsananda Girii dice che una volta entrata in un monastero induista si è semplicemente, e finalmente, sentita a casa. Il loro è un percorso fatto di piccoli passi, uno dietro l’altro, a volte accresciuto da un colpo di fulmine, come confessa Elena Seishin Viviani.

Infine, il tema più spinoso: quale è stato il ruolo della donna nei diversi ordini monastici? Tutte e tre convengono nel dire che in passato la situazione è stata più problematica di oggi. “Se però parliamo del mondo religioso in senso stretto – conclude la Viviani – le differenze di genere non esistono già oggi. Quando ci avviciniamo all’Assoluto, non c’è più maschio o femmina. Siamo tutti uguali”.