Di liste e di civette

La politica ci ha abituato da qualche periodo, con un’escalation impressionante negli ultimi anni e un primato poco invidiabile in terra subalpina, a una certezza semplice quanto desolante. A ogni approssimarsi di scadenza elettorale c’è una moltiplicazione di liste improbabili che nei nomi o nei simboli ricordano altri partiti, altri candidati, addirittura mondi – come quello calcistico – che nulla hanno a che vedere con la competizione politica.

Il termine “liste civetta”, con cui solitamente vengono indicate queste formazioni, è probabilmente nato negli anni Novanta a designare quelle liste create ad hoc con lo scopo di aggirare gli effetti dello scorporo sulla quota proporzionale del cosiddetto Mattarellum. Un meccanismo complicato, comprensibile per lo più agli addetti ai lavori, che tramite la creazione di nuove liste di fantasia penalizzava i partiti che si presentavano al di fuori delle coalizioni.

Con il tempo il termine ha però assunto un altro significato, ovviamente presente solo nella lingua italiana: le liste civetta sono quelle formazioni che mirano a raccogliere voti confondendo l’elettore inesperto. Abbiamo infatti  assistito al proliferare di leghe e partiti verdi, grilli parlanti, pensionati di ogni età e colore politico, risurrezioni democristiane e socialiste, liste per le quota rosa, contro l’euro, per gli automobilisti e per internet, a favore e contro la TAV e inquietanti casi di – ovviamente casuale e assolutamente non voluta– omonimia con candidati famosi.

Così, mentre la Regione Piemonte si appresta a tornare alle urne proprio in seguito alle irregolarità, sanzionate dalla magistratura, nelle procedure di raccolta firme di una delle cosiddette “liste minori”, assistiamo ancora una volta alla presentazione in Viminale di simboli elettorali quanto meno equivoci. Un esempio per tutti: la lista “Chiamiamolo per il Piemonte” che riprende simbolo e colore della lista civica di Chiamparino proprio per le elezioni regionali. Difficile pensare sia un caso.

Chiariamo il campo da equivoci: è compito di ogni cittadino, in democrazia, andare a votare con piena coscienza della scelta che effettuerà nella cabina elettorale, assicurandosi di sapere, tanto per fare un esempio, per quale partito intende votare, qual è la sua storia e qual è il suo simbolo. Crediamo però che sia anche compito di chi si occupa di politica prendersi cura della cosa pubblica, cercando di convincere gli elettori dell’efficacia della sua proposta e non tentando di aggirarli.

La democrazia è una cosa seria e come tale va trattata. Il rischio, altrimenti, è quello di incrementare ulteriormente quel divario tra cittadini e istituzioni che nuoce inesorabilmente alla salute della comunità.

 

(Francesco Regalzi)