Di elezioni e qualcunismo

Le elezioni del 4 marzo 2018 ci restituiscono un panorama molto diverso dall’ultima tornata elettorale. Per fare una prima analisi, un brano tratto dal blog di Enrico Sola è un buon punto di partenza:
Forse il problema non è l’offerta politica della sinistra. Il problema – ed è una brutta notizia – è la domanda. In Italia nel 2018, insomma, è drammaticamente in minoranza chi ritiene di avere bisogno della sinistra e di ciò che promette: giustizia sociale, solidarietà, equità, tolleranza, laicità, diritti. Attenzione: non ci sono partiti non di sinistra che promettono meglio della sinistra di fare propri questi valori e realizzarli. È proprio successo che quei valori sono passati di moda in Italia, sono diventati non necessari e visti anche come un ostacolo alle magnifiche sorti (regressive) del paese.”

Con una precisazione, che probabilmente è implicita: per la sinistra quelle parole hanno avuto sempre come dimensione alla quale tendere e nella quale inverarsi il Mondo intero. Cioè la coscienza di appartenere alla medesima comunità umana, la determinazione a fare di ogni particolare battaglia emancipante un tassello del complessivo e universale progresso degli esseri umani verso un Mondo di pace e giustizia. Parole d’ordine come “O ci si salva tutti o non si salva nessuno”… “o ci si salva insieme, e a questo serve la politica, o prevale l’avarizia”. Detto altrimenti, la categoria etica e politica centrale nel discorso della sinistra è stata e non può che essere, il “CIASCUNO”. Ma un po’ per volta e per tanti motivi, l’impalcatura del “ciascuno” ha lasciato spazio a quella del “qualcuno”, che invece rappresenta la categoria etica e politica centrale del pensiero di destra. La destra è destra perché riconosce ad un certo “qualcuno” una legittima pretesa di vedere soddisfatti i propri bisogni anche a discapito di qualcun altro. Giustizia sociale, solidarietà, equità, tolleranza, laicità, diritti… per qualcuno, a discapito di qualcun altro. il “qualcunismo” (che è parente stretto del “qualunquismo”) si è impossessato anche di parte della così detta sinistra.

Fare una politica che metta al centro la categoria del “CIASCUNO” è ancora possibile, è ancora vincente, ma è senz’altro faticoso, richiede una prospettiva e una capacità di lavoro mondiali, un grande investimento in infrastrutture istituzionali e sociali sovranazionali e contemporaneamente un cura sartoriale del locale, delle piccole periferie, un grande radicamento culturale nella memoria dei disastri di cui siamo stati capaci ogni volta che “qualcuno” ha creduto di salvarsi da solo. Questa politica certo ha bisogno di essere fatta da persone credibili quando affrontano una prospettiva del genere e questo dovrebbe guidare la selezione delle prossime classi dirigenti, pena l’irrilevanza storica.