Congresso famiglia: abbiamo qualcosa da dire

 

Vorrei essere chiara.
In un ordinamento che difende il pluralismo, ciascuno è libero di concepire e vivere la famiglia come meglio crede.
Ciò significa lasciare spazio di espressione anche a chi, pur muovendosi al di là di ogni criterio scientifico, intende promuovere una certa idea di “vita famigliare tradizionale”, con ciò sottolineando la necessità di conservare intatto nel tempo un patrimonio di modi di considerare le relazioni umane all’interno della famiglia, al di là dei cambiamenti che investono la società nel suo complesso.
Non voglio soffermarmi sull’abuso che in questo senso si fa della parola “tradizione”, dal momento che rimandando ad un passaggio di informazioni intergenerazionali sul fare e sul sapere, essa è invero profondamente legata, nella sua essenza, alla prospettiva del cambiamento e non certo a quella della conservazione a tutti i costi.
Quello che mi preme qui stigmatizzare è l’inaccettabile atteggiamento dei pubblici poteri che partecipando, patrocinando, sostenendo l’incontro di Verona, in maniera più o meno esplicita, danno a quella idea di famiglia una rilevanza pubblica, riconoscendole una preferenza rispetto ad ogni altro modo di intendere i legami familiari.
La cosa appare già grave in sé, ma mostra tutta la sua portata quando si riflettere sul fatto che elevare a modello la “famiglia tradizionale” così come sponsorizzata a Verona significa innanzitutto voler rimettere in discussione decenni di lotta per il riconoscimento della parità della donna all’uomo.
È evidente che quella “famiglia tradizionale” è concepibile solo e fin tanto che la donna venga relegata ad un ruolo di procreatrice, di compagna accudente e appagante.
La lotta contro la discriminazione di genere (tutt’altro che vinta in Italia) finisce con l’essere neutralizzata, banalizzata nella proposta di guardare alla famiglia come ad un luogo di perfette complementarietà, dove il compito della donna è prestabilito dalla sua stessa natura.
Le recenti derive giurisprudenziali, la proposta di legge Pillon, l’attacco alla legislazione sull’aborto e ora l’appoggio alla riunione sulla famiglia di Verona sono un attacco alle conquiste che le donne hanno ottenuto.
È bene che si sappia, però, che ci sono progressi e rivendicazioni nel campo dei diritti che neppure il più bieco oscurantismo governativo potrà mai cancellare o frenare.
Con buona pace di Verona…Non esiste una famiglia tradizionale perché non esiste una donna tradizionale.

Anna Mastromarino
Docente di Diritto Costituzionale Comparato
Membro del Comitato Scientifico di Benvenuti in Italia