Call center: sciopero

Un articolo di Claudia Chimento  – La giornata di lunedì 17 settembre ha visto i lavoratori del settore delle telecomunicazioni in sciopero. Si tratta, tanto per intenderci, degli operatori call center: sono spesso persone diplomate, se non addirittura laureate, che offrono il cosiddetto servizio di customer care per grandi aziende – molte delle quali multinazionali – o che vendono, sempre tramite il contatto telefonico, prodotti o servizi. Questa categoria è inquadrata, dal punto di vista contrattuale, dal contratto unico delle telecomunicazioni.Il 17 settembre gli operatori call center sono scesi in piazza per difendere tale contratto e, per capirne di più, abbiamo intervistato Carlotta Scarpa, che fa parte dell’RSU della CGIL.

Carlotta lavora presso l’azienda E-Care, azienda che fornisce servizi di call center e back office. E-Care offre questo tipo di servizio a molti marchi, come ad esempio Vodafone, Fiat ed ENI.

Carlotta, puoi spiegarci perchè il 17 settembre avete proclamato lo sciopero nazionale?

Abbiamo scioperato perchè Asstel, la Confindustria delle Telecomunicazioni, rappresentante delle aziende clienti, ha interrotto la trattativa perchè non ha accolto la piattaforma presentata dalle parti sindacali. Si è arrivato allo scontro quando si è toccato il tema delle cosiddette “clausole sociali”: i sindacati hanno infatti chiesto di avere la garanzia, da parte delle grandi aziende, di farsi carico degli operatori anche in caso di perdita della commessa . Ad esempio, se un’azienda dovesse perdere come cliente uno dei grandi committenti (Vodafone, Telecom o Wind), questi ultimi dovrebbero farsi carico degli operatori che sono rimasti senza lavoro. Ciò andrebbe anche a favore dell’azienda stessa che offre il servizio perchè, se dovesse perdere un cliente, non avrebbe anche il problema di dover ricollocare i dipendenti. Se si perde un cliente piccolo, facilmente si riesce a ricollocare gli operatori , ma se si perde un’azienda grande, i lavoratori sono troppo esposti al rischio.

I sindacati, quindi, chiedono garanzie in questo senso, da parte dei committenti. Quest’ultimi, chiaramente, hanno risposto no.

Quali riscontri ha avuto lo sciopero?

I nostri rappresentati sindacali sono ancora a Roma a partecipare al tavolo delle trattative richiesto da Asstel. E’ stato uno sciopero molto partecipato e ciò ha portato le aziende a vivere un significativo disagio. La trattativa sarà molto lunga: il braccio di ferro è in atto e, se non riusciremo ad avere le garanzie che chiediamo, il 19 ottobre proclameremo un altro sciopero generale.

Posso comunque dire che in Piemonte, in modo particolare a Torino, l’adesione è stata alta, come succede nella maggior parte dei casi. E’ stata un po’ più bassa in regioni come, ad esempio, la Lombardia e la Toscana. Quello che mi ha sorpreso molto è stata l’adesione molto alta all’interno delle grandi committenti stesse, quali Vodafone, Telecom e Wind. Ciò stupisce perchè questi lavoratori non sono operatori call center: questo significa che l’attenzione verso il tema c’è e non solo da parte dei diretti interessati.Avere dalla nostra parte la loro adesione dà una maggiore e significativa forza alla nostra causa.

In questo caso, però, stiamo parlando della difesa di lavoratori assunti direttamente dall’azienda. Cosa possiamo dire, invece, dei somministrati, ovvero di quelle persone che sono assunte, a tempo determinato, dalle agenzie per il lavoro e “prestate” alle aziende che, a loro volta, sono clienti dell’agenzia per il lavoro?

I somministrati sono assunti in base al concetto di massima flessibilità: sono, nella maggior parte dei casi, lavoratori part time che devono coprire quelle fasce orarie che non riescono ad essere coperte da un turno full time. Per legge, i somministrati devono avere lo stesso trattamento economico, e non solo, di quelli assunti direttamente dalle aziende. Quest’ultime, invece, tendono ad adottare due registri diversi. Un esempio, che può sembrare banale, riguarda quello dei ticket restaurant: le aziende tendono a non volerlo concedere ai somministrati, ma solo ai propro dipendenti diretti.

Prima i somministrati non partecipavano agli scioperi: questa volta, invece, diversi lavoratori assunti dalle agenzie per il lavoro hanno aderito e, per noi, è un segnale molto importante.

I sindacati tengono conto solo di chi ha il contratto a tempo indeterminato? Perchè, anche con le garanzie, chi ha il contratto a tempo determinato, sia assunto dall’azienda stessa, sia assunto dall’agenzia per il lavoro, in caso di perdita del comittente vedrà non rinnovato il proprio contratto.

Quando si tocca questo punto, all’interno, ci si “spacca”sempre un po’. Anche se il tempo determinato non può essere paragonato dal tempo indeterminato, è pur sempre una persona assunta direttamente dall’azienda. In questo caso c’è sempre una diattriba quando si inizia a parlare di livello occupazionale. All’interno dei sindacati le opinioni si dividono in due correnti di pensiero, perchè c’è chi dice che si tutela solo chi ha il contratto a tempo indeterminato e, invece, chi sostiene che vengono anche tutelati tutti gli altri. Perchè è vero, purtroppo, che, alla scadenza del contratto a tempo determinato, l’azienda ha la facoltà di non confermare la prestazione del lavoratore e non è obbligato a spiegarne i motivi.

Questo è un nodo molto difficile da sciogliere e l’argomento continua ad essere sempre presente nei tavoli di discussione. In questo caso, lo sciopero è stato proclamato, oltre che per altre richieste minori, in particolar modo per le garanzie speciali di cui sopra

 

In un contesto lavorativo come quello italiano, il lavoro del call center è visto, forse con pregiudizio, come un lavoro alienante e poco gratificante. Tu davvero credi che l’operatore call center appartega a una categoria svantaggiata rispetto a chi svolge altro tipo di mansioni?

Da un punto di vista sindacale, credo sia una categoria svantaggiata sotto diversi aspetti. Primo fra tutti, c’è una notevole differenza retributiva tra chi, ad esempio come me, che lavora in E-Care e tra chi lavora direttamente per Vodafone. Lo stipendio medio di un full time è di circa mille euro e non è moltissimo. Ci sono, sicuramente, gli scatti di anzianità che ti permettono di aumentare di livello dal punto di vista contrattuale, ma ciò richiede tempi abbastanza lunghi. Inoltre, la tendenza di adesso è, purtroppo, di assumere solo con contratti part time, come dicevo prima: questo perchè permette una maggiore flessibilità nella gestione dei turni e permette di andare a coprire quelle fasce orarie in cui ci sono i picchi di chiamate.

Chi ha un contratto part time riceve, come stipendio, circa 500 euro al mese. Inoltre, se lavori su turni, hai difficoltà a trovare un altro lavoro ed è quindi impossibile integrare con un altro stipendio.

Per quanto riguarda il tipo di lavoro in sè, secondo me, è molto sottovalutato. Alcune commesse sono molto difficili da gestire, ci vogliono competenze e capacità non indifferenti. Non tutti, inoltre, sono in grado di gestire lo stress.

 

Quindi dobbiamo aspettare per capire se il 19 ottobre ci sarà un nuovo sciopero?

Sì, anche perchè noi vogliamo che il contratto delle telecomunicazioni rimanga unico: le tre grandi committenti vogliono addirittura pensare a un contratto diverso, ad hoc. Questo sarebbe un disastro, perchè restare tutti insieme inquadrati con lo stesso tipo di contratto offre la garanzia che, almeno alcuni aspetti, rimangano gli stessi per tutti. Uno dei primi accenni che è stato fatto riguardo alla diversificazione dei contratti, riguarda il non pagamento dei primi tre giorni di mutua (che, per legge, devono essere pagati al lavoratore in toto dall’azienda. Dal quarto giorno in poi partecipa anche l’INPS). E non è assolutamente un buon punto di partenza.

 

CGIL, CISL e UIL sono unite in questa richiesta sindacale che vede protagonisti migliaia di lavoratori. Il tavolo delle trattative è ancora aperto. Il 19 ottobre sapremo chi ha avuto la meglio su questo braccio di ferro.