Alla cortese attenzione di Mario Monti

Quando nell’estate del 1980 migliaia di tute blu incrociarono le braccia e si inginocchiarono durante la messa celebrata all’interno dei cantieri navali di Danzica, fu l’inizio della fine. Quando nello stesso anno gli operai della Fiat bloccarono i cancelli per 35 giorni fu la fine dell’inizio.

Come passerà alla storia la LOTTA NoTav? Come l’estate di Danzica o come i 35 giorni della Fiat?

Certo dipende da molti fattori. Tra questi uno: il contesto politico e la sua capacità di generare futuro, quindi consenso.

Oggi il movimento NoTav ha senz’altro una spinta e una legittimazione più grande e in parte nuova: la crisi. Opporsi alla Tav ha sempre significato opporsi anche ad un certo modello di sviluppo, criticato aspramente da decenni, ma che soltanto recentemente è collassato, stritolando milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. Ecco il fatto nuovo: la crisi esplosa negli USA tra il 2008 e il 2009, che ora manifesta i suoi effetti in Europa, sta lì a dimostrare il fallimento della micidiale combinazione tra mercato famelico e clientele politiche, che ha portato contemporaneamente al dilagare della finanza d’azzardo e del debito pubblico. Ed è ben nota la differenza tra un’opposizione ideologica agita in tempi di relative vacche grasse e un’opposizione ideologica agita in tempi di vacche magre.

Perché è chiaro che la crisi la stanno pagando lavoratori, giovani, pensionati, piccole e medie imprese. E che l’immensa massa di denaro in circolazione serve e turare le falle aperte dalle speculazioni finanziarie e dal debito pubblico e non a salvaguardare l’esigibilità dei diritti fondamentali. Questa consapevolezza è diffusa e motiva un’opposizione più radicale e internazionale: quando arriveranno i Greci in Val di Susa?

I Governi del mondo occidentale fino a qui hanno scommesso sulla persistente universale adesione al modello liberale, come evidenziava la Thatcher, sempre nel 1980: “There is no alternative”. Anzi di più: perché Cina, India, Brasile e Russia vogliono il mercato almeno quanto USA e UE. Sintomo di questa scommessa è che la crisi non ha indotto un ripensamento generale del modello, ma solo tamponamenti e aggiustamenti.

Sia pure: viva l’economia di mercato, viva l’organizzazione liberale delle nostre democrazie! Ma si faccia attenzione all’arroganza dei convinti e dei salvati. Potrebbe portare al disastro.

Alcune riforme DEVONO arrivare!

Il sistema bancario sarà indotto a riaprire il credito verso imprese e famiglie?

La speculazione finanziaria sarà regolata e tassata?

L’evasione fiscale sarà osteggiata non solo sul piano nazionale attraverso blitz spettacolari, ma con efficaci norme penali internazionali?

La scuola, l’università, la ricerca, il digitale saranno le infrastrutture prioritarie del Paese?

Il mercato del lavoro sarà riformato per permettere un migliore ingresso dei giovani e contemporaneamente la tutela del lavoratore in tutto l’arco della vita occupata?

L’ambiente il paesaggio e il patrimonio culturale saranno risorse strategiche per generare ricchezza?

Se a queste domande la politica risponderà in maniera convincente e tempestiva, il movimento NoTav sarà ricordato come i 35 giorni della Fiat, diversamente sarà la nuova Danzica.