eterologa

 

di Camilla Cupelli

 

In materia di fecondazione eterologa la discussione in Italia è stata per lungo tempo bloccata, ma nell’ultimo anno ha subito una brusca accelerazione. Dopo l’apertura dimostrata nella scorsa primavera, causata da una sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile, che dichiarava illegittima la norma contenuta nella legge 40/2004 che vietava la fecondazione eterologa, come ultimo passo il 4 settembre i presidenti delle regioni italiane hanno approvato all’unanimità le linee guida sulla fecondazione eterologa, varate il 3 settembre da tecnici e assessori regionali alla salute.

 

Cosa prevedono tali linee guida?

Il documento prevede che la fecondazione eterologa sia gratuita o si ottenga dietro al pagamento di un ticket. Le donne che si sottopongono all’eterologa possono avere al massimo quarantatré anni, ovvero devono essere ancora in età fertile. Il documento prevede anche che il fenotipo dei genitori, per quanto possibile, sia rispettato, in termini di colore di occhi e capelli, e di colore della pelle. È sparita invece la possibilità di ricontattare il donatore al compimento dei 25 anni d’età del figlio nato da fecondazione eterologa. Le donne donatrici dovranno avere tra i 20 e i 35 anni, gli uomini tra i 18 e i 40 anni.

 

La voce esultante di Luca Zaia, governatore della Regione Veneto, si è levata al di sopra delle altre con una certa forza: “chi parla di eugenetica dice solo puttanate” ha detto al Corriere della Sera. Il governatore prosegue dicendo, a chi paventa il rischio che si possa scegliere come sarà il nascituro in tutto e per tutto, “posso capire le preoccupazioni, ma ci sono anche le risposte. Le abbiamo date. Nelle linee guida parliamo di un limite di 43 anni per le donne, tre tentativi, e non ci sono business dei laboratori. Ma quali business: se ne fa carico la sanità pubblica, si pagherà un ticket”. Le linee citate da Zaia non sembrano però essere strettamente collegate ai rischi eugenetici che alcuni lamentano.

La CEI si era espressa immediatamente dopo la sentenza del 9 aprile per sottolineare il suo disaccordo. Ma oggi sono anche altri, oltre al fronte cattolico, quelli che gioendo per i passi avanti in materia di diritti civili sottolineano i rischi di derive monopolistiche ed eugenetiche per le cliniche private o le industrie, ancora poco considerati sulla scia dell’entusiasmo in seguito alla sentenza di aprile. Spaventa molti anche soltanto la questione del fenotipo, come per Maurizio Sacconi, che vede nel rispetto del colore della pelle un rischio da lui definito “selezione della specie”.

 

Il Ministro Lorenzin continua però a chiedere una legge in Parlamento, sostenendo che non bastino le linee guida varate dalle Regioni. Il Presidente della Toscana, Enrico Rossi, sostiene che dalla sentenza della non si evinca affatto la necessità di una legge. Sergio Chiamparino, invece, sembra propenso al passaggio parlamentare.

Insomma, nonostante l’unanimità sulle linee guida da parte delle Regioni il caos è ancora tanto, e i dettagli da considerare per poter ottenere norme blindate a prova di escamotage sono ancora diversi.

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