416ter: i casi Battaglia e Macrì

 

La promessa di denaro in cambio di voti c’è stata, ma l’allora formulazione del testo 416ter del codice penale non contemplava ancora la “promessa” di denaro o altre utilità nell’alveo dei comportamenti punibili per voto di scambio politico mafioso.

È questa in sintesi la sentenza emessa dalla Suprema Corte in merito alla vicenda che coinvolse l’ex segretario comunale di Rivarolo Canavese, Antonino Battaglia, e l’imprenditore Giovanni Macrì nell’ambito del processo Minotauro. I fatti risalgono al 2009 quando Macrì e Battaglia promisero la somma di ventimila euro ai boss Giuseppe Catalano e Giovanni Iaria in cambio di pacchetti di voti per conto dell’ex sindaco di Rivarolo, Fabrizio Bertot, candidato nelle file di Forza Italia per il Parlamento Europeo e risultato poi non eletto, ma subentrato in carica in un secondo momento. L’incontro si svolse tra le mura del Bar Italia di via Veglia, a Torino, locale in seguito sequestrato al boss Catalano.

In primo grado, il 22 novembre 2013, Battaglia e Macrì furono condannati a due anni per voto di scambio semplice e non per 416ter, voto di scambio politico mafioso, perché non si riuscì a dimostrare la reale cessione di denaro, ma solo la promessa di denaro in cambio di voti. Nel processo d’appello, invece, i pm Roberto Sparagna, Monica Abbatecola e Antonio Malagnino chiesero di condannare i due imputati proprio per 416ter che nel frattempo era stato modificato in Parlamento, spostando il momento della consumazione del reato non più all’effettivo passaggio di denaro, ma anticipando il tutto al momento della promessa di denaro o altra utilità. Per questo il 28 maggio 2015 la pena per i due fu aumentata a tre anni, oltre all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. L’ultimo capitolo di questa vicenda giudiziaria è stato scritto dalla Cassazione che ha rinviato gli atti in appello per rideterminare la pena, stabilendo che Battaglia e Macrì non siano imputabili di voto di scambio politico mafioso, ma solo di illecito elettorale. Si legge nelle carte, infatti, che sia certa la promessa di ventimila euro fatta dai due a Catalano e Iaria in cambio di voti per Bertot, ma nel 2009, quando al bar Italia di via Veglia ha avuto luogo il pranzo elettorale, il codice penale puniva lo scambio politico mafioso solo al momento della commissione del reato, mentre nella nuova formulazione è sufficiente che ci sia la promessa del pagamento, come specifica la Suprema Corte in questo passaggio della sentenza:

“In conclusione deve ritenersi che nel caso di specie, nel quale, secondo la ricostruzione della Corte territoriale, non vi fu, a fronte della promessa, effettiva erogazione della somma richiesta, non risulta ravvisabile il reato contestato nella formulazione vigente al momento della condotta”.

Altro elemento che emerge in modo chiaro dalla sentenza è la consapevolezza che di fronte a Macrì e Battaglia sedessero due membri di spicco del sodalizio ‘ndranghetista in Piemonte:

“ la ricerca dei voti costituiva il precipuo interesse dell’azione e che peraltro fin dall’inizio era stata individuata quella rete dei calabresi, con la consapevolezza che la stessa avesse implicazioni malavitose, legate a quel tipo di fratellanza”.

La sentenza della Suprema Corte conferma, quindi, la ricostruzione fatta in Appello, facendo emergere chiaramente che se al momento dei fatti il codice penale avesse previsto il reato di scambio politico mafioso così come formulato oggi, Battaglia e Macrì avrebbero scontato la pena prevista per 416ter:

“non meritano censure le conclusioni formulate dalla Corte territoriale in ordine alla conclusione del patto elettorale, consistito nella promessa di denaro in cambio di voti, patto ascrivibile sia al Battaglia sia al Macrì”.

Il relatore di maggioranza dell’articolo 416ter del codice panale fu Davide Mattiello, parlamentare del PD ed ex presidente della Fondazione Benvenuti in Italia, che afferma <<La sentenza della Cassazione evidenzia come la riformulazione del 416ter abbia allargato l’alveo di applicazione della norma, operazione necessaria per colpire il voto di scambio politico mafioso sul nascere. Tuttavia mantengo delle perplessità sulla inapplicabilità del nuovo 416ter ai fatti descritti, perché nel riformare il codice abbiamo anche abbassato le pene previste per il reato di scambio politico mafioso, proporzionandole a quelle previste dall’articolo 416bis. In giurisprudenza le norme non sono retroattive a meno che non vengano abbassate le pene previste per il reato in oggetto in “Favor Rei” ed è questo il caso di Battaglia e Macrì. Bene avevano fatto, quindi, i giudici della corte d’appello ad applicare il nuovo 416ter al caso in questione. Ad ogni modo rimango convinto della bontà della riformulazione del reato di scambio politico mafioso che ha allargato il diametro di applicazione del 416ter non solo anticipando il momento della commissione del reato alla “promessa” di denaro, ma ha inoltre specificato che lo scambio possa avvenire anche con “altre utilità”, pertanto oggi la magistratura possiede uno strumento in più nella lotta alle mafie nel nostro Paese.>>